Pearl Harbor attacco a sorpresa? Ma se Usa e Giappone lottavano da mesi…

26 Dic 2016 19:41 - di Antonio Pannullo

Pearl Harbor è entrato nell’immaginario collettivo mondiale come un infido “attacco a sorpresa”, come disse lo stesso presidente americano dell’epoca per far giustificare al Congresso l’intervento in guerra degli Stati Uniti. Gli storici tra qualche anno, o decennio, dimostreranno che in realtà non fu proprio così, ancora una volta la ragion di Stato aveva fatto cedere il passo alla verità dei fatti. E la verità è che già da alcuni anni Usa e Giappone erano in gara per il controllo del Pacifico, con diversi reciproci dispetti per l’egemonia nell’Asia. Addirittura pochi mesi prima dalla Birmania esisteva e operava una squadriglia di caccia da guerra americani che volavano senza le insegne statunitensi, ossia come veri e propri aerei pirata. Si chiamavano “i falchi di Rangoon” (la capitale birmana dove erano di stanza, nda) e compivano azioni ostili armate contro il Giappone. Giappone che sopportava volendo evitare una guerra totale. Recenti studi poi hanno anche rivelato che gli americani sapevano benissimo del cosiddetto attacco a sorpresa a Pearl Harbor,  anche se non è chiaro perché non lo evitarono o almeno perché non si difesero efficacemente. Incapacità, imprudenza, mancanza di comunicazione? Si è ipotizzato di tutto, ma probabilmente i veri motivi non saranno mai conosciuti. Quella vicenda si concluse come tutti sappiamo, con l’annientamento totale di due città, Hiroshima e Nagasaki, in quello che fu il peggior bombardamento terrorista della storia: non furono colpiti obiettivi militari, come ad esempio facevano i kamikaze, ma obiettivi dove c’erano solo donne, anziani e bambini ,evaporati in pochi secondi. Di questo forse si dovrebbe chiedere scusa, piuttosto che del preteso “attacco a sorpresa”.

Erano in molti a sapere dell’attacco  su Pearl Harbor

Comunque sia, oggi e domani Barack Obama e Shinzo Abe scrivono un nuovo capitolo fra Stati Uniti e Giappone. Dopo la visita a Hiroshima del presidente americano, il premier giapponese vola a Pearl Harbor, teatro dell’attacco in cui 75 anni fa persero la vita 2.400 americani e che decretò la discesa in campo degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. Così come fu a Hiroshima e Nagasaki da parte americana, non è attesa nessuna scusa da parte di Abe a Pearl Harbor. Ma nonostante questo, la visita al USS Arizona Memorial è carica di significato. Pur non essendo il primo premier in carica a visitare il memoriale di Pearl Harbor – lo fece Shigeru Yoshida nel 1951 – Abe sarà il primo a partecipare a una cerimonia pubblica sul posto. E la sua visita rappresenta anche un simbolo di riconciliazione nelle relazioni fra i due Paesi, da nemici a grandi alleati, e per il Giappone stesso con la sua storia, dopo anni difficili nel cercare di fare i conti con il suo passato di guerra. A compiere lo storico passo in avanti è il conservatore Abe, che ha riaperto nel corso degli anni alcuni dei capitoli più oscuri del passato del Giappone, dallo schiavismo sessuale delle comfort women coreane al massacro di Nanchino, in Cina. Ma che si è anche attirato le critiche per la visita al tempio di Yasukuni, eretto in segno di omaggio ai militari giapponesi caduti, inclusi quelli accusati (dagli americani) di crimini di guerra. Abe è ricevuto da Obama in vacanza alle Hawaii con tutta la sua famiglia. Poco prima della visita al memoriale, i due leader terranno un incontro bilaterale. “L’orrore della guerra non sarà mai ripetuto”, ha assicurato il premier giapponese prima di partire per le Hawaii. L’ultimo faccia a faccia fra Obama e Abe arriva proprio a pochi giorni dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Abe è stato il primo leader straniero a incontrare Trump, alla Trump Tower. Un incontro durato 90 minuti, al termine del quale Abe ha lo ha definito “un leader in cui possiamo avere fiducia”.

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