Garlasco, inchiesta bis della Procura di Pavia. La mamma di Chiara: il caso è chiuso

22 Dic 2016 11:05 - di Ginevra Sorrentino

Omicidio di Garlasco, qualcuno ha parlato di svolta. Qualcun’altro di errore giudiziario. La famiglia della vittima chiude il discorso ribadendo che il caso è chiuso e che il colpevole c’è. I genitori di Alberto Stasi, condannato per quell’orribile delitto, invitano a riaprire il caso e a indagare anche in altre direzioni. Tra le due opposte posizioni, la disputa sull’analisi del dna rinvenuto sotto le unghie della povera Chiara Poggi – già preso in esame durante le investigazioni e le varie fasi processuali che si concluse con la condanna dell’unico indagato, imputato poi condannato – che in qualche modo ha indotto a ripuntare i riflettori sull’inchiesta. E infatti, sono stati trasmessi alla Procura di Pavia, che ha aperto un’inchiesta bis, gli atti sull’omicidio di Chiara Poggi, per il quale è stato condannato in via definitiva l’allora fidanzato Alberto Stasi. L’iniziativa dei magistrati pavesi, come riportato in un esaustivo servizio di oggi da il Giornale, è maturata a seguito della recente consulenza eseguita dai difensori di Stasi, i quali negli ultimi giorni hanno sostenuto di aver individuato un altro Dna sul corpo della vittima, appartenente non al commercialista condannato, ma ad un altro giovane di Garlasco. È stato il sostituto procuratore generale di Milano, Laura Barbaini, che ha chiesto e ottenuto in appello la condanna di Stasi, a trasmettere gli atti a Pavia che ora ha aperto un ulteriore fascicolo. I difensori di Stasi avrebbero potuto chiedere una revisione del processo alla Corte d’appello di Brescia, ma hanno preferito depositare la consulenza alla Procura generale di Milano che l’ha poi trasmessa ai pm pavesi.

Garlasco, la madre di Alberto: «Mio figlio è innocente» 

Naturalmente, a seguito del clamore dato alla notizia l’opinione pubblica – e le due famiglie coinvolte nel dramma dell’omicidio a diverso titolo – è tornata a spaccarsi e a dividersi tra innocentisti e colpevolisti. A parte dai genitore di Alberto, ritenuto il responsabile di quell’efferato delitto. «Io ho sempre creduto nell’innocenza di mio figlio. Mio figlio e Chiara si volevano bene. Nessun processo potrà convincermi del contrario. Non ho mai pensato un solo minuto che Alberto potesse averle fatto del male. Adesso, grazie ai nostri avvocati, ho finalmente la prova che Alberto non c’entra», ha dichiarato alla Stampa Elisabetta Ligabò, madre di Alberto Stasi. «Io mi auguro che l’autorità giudiziaria si muova nel più breve tempo possibile. Non lo chiedo solo per mio figlio Alberto, ma la verità su quello che è successo nove anni fa la dobbiamo a Chiara e ai suoi genitori, a tutti e, sì, naturalmente anche a mio figlio», ha aggiunto, concludendo poi: «I nostri avvocati mi hanno spiegato che il Dna sulle dita di Chiara non è quello di mio figlio. Sanno di chi è e lo hanno detto agli investigatori e ai giudici. Tocca a loro chiedere a questa persona cosa ha fatto a Chiara».

Garlasco, la mamma di Chiara: «Il caso è chiuso» 

«Si arriva a un punto in cui la sola parola giusta da dire è: basta. C’è la sentenza definitiva, ci sono accertamenti a non finire, è stato tutto controllato dieci, cento volte. Per noi il caso è chiuso e il colpevole è Alberto. Basta». È con queste parole che Rita Preda, la madre di Chiara Poggi, intervistata da Corriere della Sera, Repubblica e Stampa, ha commentato le ultime notizie relative al processo per l’omicidio di sua figlia. dolore, stanchezza ed esasperazione trapelano ad ogni singola parola della donna che, interpellata dal quotidiano di via Solferino, ha poi aggiunto: «Se hanno un nome lo facciano, e se hanno delle prove le mostrino… Davanti a una prova certa noi non chiuderemmo gli occhi, non lo abbiamo mai fatto. Ma io di prove certe qui non ne vedo proprio. La sola cosa che risulta certa finora è che il Dna di cui parlano è stato ritenuto non attribuibile. E vorrei anche dire che l’esito degli esami a cui si riferiscono non aveva minimamente influito sulla condanna. Lo ripeto ancora una volta: per noi vale la sentenza definitiva della Cassazione», che è un altro modo, per la signora Rita di chiedere che sua figlia «Chiara sia lasciata in pace». Tanto che dalle colonne della Stampa ripete: «C’è stata una sentenza definitiva un anno fa, e a noi questo basta». Mamme, quella di Chiara, quella di Alberto, ancora una volta a confronto e sulla più terribile delle sistuazioni: da una parte c’è la donna che ha dovuto seppellire la sua giovanissima figlia, uccisa in modo brutale; dall’altra c’è la madre del ragazzo accusato di quel delitto, che sta scontando una condanna in carcere. Una contrapposizione emblemtaicamente riassunta da Rita Preda che, con grande dolore ha ribadito: «Non ho mai dimenticato che c’è una mamma anche dall’altra parte e che quella mamma ha sofferto e sta soffrendo. Ma vorrei che non fosse dimenticato nemmeno il nostro dolore… La grande differenza fra noi è che lei suo figlio lo vede, io mia figlia non la vedo più»…

 

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