Garlasco, come si è arrivati alla svolta. I legali di Stasi: indagate su un amico

19 Dic 2016 16:58 - di Riccardo Arbusti

La famiglia di Alberto Stasi, condannato per l’omicidio di Chiara Poggi avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, chiederà la riapertura del processo sulla base dei risultati di una nuova perizia, secondo la quale le tracce di dna rinvenute sotto le unghie della ragazza non sono di Stasi. 

Una svolta clamorosa

Una svolta clamorosa che potrebbe restituire un futuro ad Alberto Stasi, detenuto nel carcere di Bollate da un anno. Oggi ha 38 anni, all’epoca dei fatti ne aveva 24. Il 12 dicembre del 2015 la Cassazione ha confermato nei suoi confronti la condanna a 16 anni per omicidio, mettendo la parola fine a una vicenda processuale durata 14 anni, nel corso della quale Stasi è stato anche due volte assolto.

Indagare su un amico il cui nome è già noto

I legali di Alberto Stasi hanno chiesto che la Procura di Pavia avvii un’indagine su un “maschio” della cerchia delle amicizie di Chiara Poggi e che il 13 agosto 2007, giorno del suo omicidio, si trovava a Garlasco e il cui nome è già negli atti dell’indagine. La difesa di Stasi ha in mano una relazione di un genetista, già depositata agli inquirenti, secondo la quale il dna trovato sotto le unghie di Chiara è compatibile con quello del soggetto “su cui indagare”. 

La replica del legale della famiglia di Chiara

Alle novità dichiarate alla stampa dalla difesa di Alberto Stasi ha replicato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia di Chiara Poggi. Secondo Tizzoni Alberto Stasi “non rispetta la sentenza, pretende di avere diritti ma non rispetta i doveri” e “ha scelto di sottrarsi con ogni mezzo al risarcimento del danno in favore dei familiari di Chiara ed al pagamento di quanto dovuto allo Stato”. Secondo il legale di parte civile, tra l’altro, gli elementi portati dalla difesa di Alberto, come già stabilito dalla perizia sul Dna (trovato sotto le unghie di Chiara) del processo d’appello ‘bis’ sul caso Garlasco, non sono “validi scientificamente” perché già il perito disse che “la quantità di materiale genetico era modesta e la qualità degradata” per una comparazione. Non si tratta, dunque, di un “elemento decisivo”, ‘decisività’ che servirebbe per una revisione del processo. 

Per l’avvocato Tizzoni con gli elementi portati dalla difesa di Alberto, e sui cui i difensori chiedono di indagare, si potrebbe arrivare al massimo “ad un concorso di colpa ma non a far uscire Stasi dal carcere”. 

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