Autospensione di Sala: tutti ridono. E Davigo (Anm): «Che significa»?

16 Dic 2016 17:06 - di Valerio Falerni

È difficile dar torto al presidente dell’Anm, Piercamillo Davigo, quando motiva il proprio diniego a commentare la decisione del sindaco di Milano,  Giuseppe Sala, di autosospendersi dalla carica a seguito di un’avviso di garanzia emesso dai pm  che indagano sugli appalti dell’Expo, dicendo di non avere la «minima idea di cosa significhi l’autosospensione». Autosospendersi da una funzione istituzionale è, infatti, una soluzione-non soluzione. Di solito, come ha evidenziato la responsabile cittadina di FdI-An, Viviana Beccalossi, «in questi casi o si resta o ci si dimette». Ma Sala sembra convinto del fatto suo e in mattinata si è recato in prefettura per comunicare la sua decisione.

Critiche da FdI-An: «Sala o resta o se ne va»

Al prefetto Sala ha verosimilmente ripetuto le motivazioni già evidenziate nella lettera inviata poco prima ad Anna Scavuzzo, Arianna Celsi e Lamberto Bollorè, rispettivamente vicesindaco di Milano, della Città metropolitana  e presidente del consiglio comunale meneghino. A costoro il sondaco aveva  motivato la propria decisione con «la personale necessità di conoscere le vicende e i fatti contestati». Fino a quel momento, «ritengo di non poter esercitare i miei compiti istituzionali». L’appuntamento decisivo è rinviato  alla prossima settimana quando – scrive Sala – «mi presenterò al consiglio del comune di Milano e della Città metropolitana per riferire in merito».

L’inchiesta sull’Expo bloccata nel 2014

I due reati contestati a Sala nell’inchiesta sull’appalto della Piastra dell’Expo, il più rilevante sotto l’aspetto economico dell’Esposizione Universale, sono “falsità materiale” e “falsità ideologica”. L’inchiesta si riferisce a quando l’attuale primo cittadino era prima amministratore delegato e poi commissario unico di Expo 2015 spa. Secondo quanto ricostruisce nel maggio del 2013 un’informativa della GdF – due verbali relativi alla “sostituzione” di due componenti della commissione giudicatrice della gara per l’appalto incriminato riporterebbero «circostanze non rispondenti alla realtà». In particolare, secondo gli investigatori, sarebbero stati retrodatati con «l’intento di evitare di dover annullare la procedura fin lì svolta» anche per il «ritardo» sui «cronoprogrammi» dell’ExpoL’indagine in corso avrebbe subito uno stop nel 2014 anche a causa dei contrasti al vertice della procura milanese tra l’ormai ex-procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e l’ex-aggiunto Alfredo Robledo. La Procura generale, infatti, dopo aver avocato a sè il fascicolo, non solo ha chiesto al gip la proroga di sei mesi delle indagini ma ha anche iscritto nuovi nomi nel registro degli indagati, tra cui Sala. Sulla vicenda è intervenuto anche Raffaele Cantone, il presidente dell’Anticorruzione: «Ad Expo – ha detto – c’è una vicenda che riguarda il 2012. I nostri controlli sono cominciati nel 2014, quindi quando io ero ancora magistrato. Di Sala ho sempre apprezzato la grande correttezza e la grande lealtà. Correttezza e lealtà nei fatti che noi abbiamo verificato a partire dal giugno 2014 in poi».

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