26 dicembre 1946-26 dicembre 2016: i 70 anni del Msi in otto citazioni

26 Dic 2016 11:04 - di Adele Sirocchi

70 anni fa nasceva ufficialmente il Msi che riuniva le organizzazioni neofasciste sorte dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Una mostra allestita in via della Scrofa (visitabile fino al 10 febbraio) ricorda e celebra l’evento, avvenuto a Roma il 26 dicembre del 1946. Una pagina di storia italiana, che ricordiamo in questa sede attraverso le citazioni tratte da alcuni dei libri più diffusi che hanno trattato l’argomento. 

Le firme di adesione

“Ci limitiamo a citare i personaggi che maggiormente hanno operato in quei mesi: Arturo Michelini, Pino Romualdi – essendo latitante si fa chiamare Giuseppe Versari – Giovanni Tonelli del Movimento Fronte dell’italiano e direttore della Rivolta Ideale, Giorgio Pini, Gianluigi Gatti, Biagio Pace, Roberto Mieville, Nicola Foschini, Giorgio Bacchi, Valerio Pignatelli, Nino Buttazzoni, Francesco Galanti, Bruno Puccioni, Ezio Maria Gray, Ernesto De Marzio, Giacinto Trevisonno, Italo Carbone, Puccio Pucci, Olo Nunzi oltre a Cesco Giulio Baghino, Giorgio Almirante, Mario Cassiano ed Elio Lodolini del Movimento Italiano di Unità Sociale (Mius)”. (Adalberto Baldoni, Storia della destra, Vallecchi, p. 17) 

Il significato storico

“La ricomposizione politica significava in primo luogo la riabilitazione di un’idea che per molti era stata la ragione stessa di vita. La ricomposizione legittima, la possibilità di tornare a fare politica alla luce del sole, senza necessità di essere clandestini, poi, era il punto d’arrivo di un processo sofferto e lento, che riuscì grazie alla tenacia di Romualdi e grazie ad alcune situazioni fortunate o comunque positive. Era anche, per il leader neofascista, un modo per lanciare una sfida: la possibilità di fare politica era non soltanto una via per provare lo spirito democratico altrui, ma soprattutto per provare la capacità di trasformazione dello stesso neofascismo da fenomeno di conventicole perdenti in forza politica in grado di parlare a molti, se non a tutti”. (Giuseppe Parlato, Fascisti senza Mussolini, Il Mulino, p. 250) 

Il reclutamento

“Il reclutamento al partito è rivolto selettivamente agli epurati e ai reduci dei campi di prigionia dei non collaboratori, cioè a coloro che avevano mantenuto un atteggiamento di fedeltà al fascismo dopo l’8 settembre. Tra le indegnità che impediscono l’adesione al partito è previsto esplicitamente che non siano ammessi ‘coloro che abbiano tradito la Patria venendo meno ai loro doveri di cittadini e di soldati per perseguire interessi personali al servizio dello straniero’. ” (Piero Ignazi, Il polo escluso, Il Mulino, p. 29)

Il ricordo di Pino Romualdi 

“Romualdi così descrisse l’atmosfera di quella fine dicembre 1946: ‘Erano le feste natalizie. Dopo tanti mesi di tensione, di impegno, di quotidiani incontri, di riunioni, di discussioni interminabili, a volte non soltanto difficili, dure, ma anche defatiganti e amare, ecco, ora che il partito c’era, avvertivo dentro di me quasi un vuoto. Lo dissi ad Arturo, sorridendo. Ora le responsabilità che così a lungo avevano pesato su di noi non sarebbero state più soltanto nostre ma anche di altri e precisamente di quelli – compreso lui, naturalmente – che non avendo più conti da saldare con la giustizia della Repubblica democratica e partigiana o non avendone mai avuti – potevano prendere ufficialmente possesso della sede di Corso Vittorio 24. I bellissimi locali da me affittati qualche tempo prima – come di consueto con nome e documenti falsi – presentato all’amministrazione proprietaria da Renato Michelini, l’insospettabile padre di Arturo”. (Parlano i protagonisti, a cura di Gennaro Malgieri, in Secolo d’Italia, n. 293, 14 dicembre 1986)

Il ricordo di Giorgio Almirante

“Trovammo, quel pomeriggio, una pronta intesa, fondata programmaticamente su ‘dieci orientamenti’, che erano stati redatti da Romualdi; e su un appello alla Nazione, lanciato da Gray. Avevamo a disposizione un organo di stampa, La Rivolta Ideale, che aveva raggiunto in breve tempo una notevole diffusione grazie alla bravura del suo fondatore, Giovanni Tonelli. Nacquero Rataplan e poi Asso di Bastoni; e fu tutta una fioritura di giornali e giornaletti”. (Parlano i protagonisti, a cura di  Gennaro Malgieri, in Secolo d’Italia, n. 293, 14 dicembre 1986)

Le anime del Msi

“Quali correnti politiche ed ideologiche confluiscono nel Msi? In realtà tutte le diverse anime, già presenti nel fascismo regime e nella Rsi, si ripropongono con le stesse caratteristiche, anche nel nuovo movimento. D’altra parte è inevitabile, trattandosi di un partito che ha la pretesa di rappresentare tutti i fascisti. Superato il dibattito ‘democrazia sì, democrazia no’, le questioni principali sono due: quali rapporti mantenere con monarchici e venticinqueluglisti (cioè coloro che avevano votato contro Mussolini nella seduta del Gran Consiglio del fascismo il 25 luglio del 1953) e stabilire se il Msi fosse un movimento di destra o di sinistra”. (Nicola Rao, La Fiamma e la celtica, Sperling & Kupfer, p.33)

Esuli in patria

“Il Msi nasce con il complesso dell’orfano. Sorge con la precisa convinzione di essere il frutto obbligato di una sconfitta e di una tragedia, da cui deriva l’imperativo di resistere ad ogni costo. E’ un partito che si pone sin dall’inizio come obiettivo principale la propria sopravvivenza, alla quale attribuisce un carattere di sfida e di rivincita nei riguardi dell’antifascismo. Quindi dispiega tutte le sue energie nel tentativo di riaggregare una collettività umana dispersa dalla furia degli eventi, contrapponendo la pura e semplice esistenza di questo mondo alla pretesa di legittimità delle forze del Cln, fattesi Stato dopo il 25 aprile 1945. E’ chiaro che questa impronta psicologica della comunità neofascista italiana dice molto sulla sua storia successiva”. (Marco Tarchi, Cinquant’anni di nostalgia, Rizzoli, p.35) 

Fiamma tricolore

“La scelta di farne il simbolo del Msi fu di Giorgio Almirante nel dicembre 1946. Come egli stesso ha più volte ricordato, a disegnare la prima fiamma tricolore fu lui personalmente, prendendo spunto dal distintivo di una associazione combattentistica. E da subito i militanti presero a leggere le iniziali della sigla sulla base trapezoidale traducendole come Mussolini Sei Immortale (…) Anche l’inno ufficiale con il quale si tenne a battesimo alla fine del 1946 il neonato Msi – ‘Siamo nati in un cupo tramonto’ – conteneva un obbligato riferimento al simbolo: ‘Noi saremo la fiamma d’Italia/il germoglio di un’alba trionfale/ la valanga impetuosa che sale/ italiani coraggio, con noi!’… L’anno successivo, la fiamma tricolore del Msi venne celebrata anche dal pittore e grafico Gino Boccasile – il celebre disegnatore delle Signorine Grandi Firme e dei disegni propagandistici della Rsi – con un manifesto elettorale intitolato Il Miracolo”. (L. Lanna-F. Rossi, Fascisti immaginari, Vallecchi, p. 189-190) 

Commenti

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  • pelo uovo 13 Giugno 2018

    non vedo la fiamma quella originale del dicembre 1946, ove la fiamma si ergeva
    dal sarcofago partendo dalle due estremità non dal centro….io ne ho ancora il distintivo.