Minniti fa il “gufo”: «L’Isis perde? Aumenta la minaccia terroristica»

9 Nov 2016 16:01 - di Giulia Melodia

Più l’Isis perde terreno, più aumenta il rischio della minaccia terroristica: un sillogismo inquietante quanto direttamente proporzionale a quanto fin qui accaduto e quanto si sta verificando al fronti siriano, libico, iracheno. Un assioma formalizzato a chiare – e allarmanti – lettere dal sottosegretario con delega all’Intelligence, Marco Minniti, che in audizione alla commissione Affari costituzionali della Camera ha ribadito: lo Stato Islamico «sta perdendo significativamente terreno sul piano militare in Iraq e Siria» e ci sono «prevedibili ragioni» che ciò possa comportare un «ulteriore rafforzamento dell’attività terroristica». di più: la minaccia, per Minniti, è rappresentata dai foreign fighters di ritorno: sono 5000 quelli partiti da Paesi europei per il teatro siro-iracheno.

Più l’Isis perde, più aumenta la minaccia terroristica

Le forze curde e irachene sul campo, unitamente all’azione dei raid aerei della coalizione, puntano ogni ora di più al cuore strategico di Raqqa, in Siria, e di Mosul, in Iraq: e più i miliziani jihadisti perdono terreno e controllo del territorio – costretti alla fuga – più aumentano, a detta del sottosegretario con delega all’Intelligence, le possibilità di attacchi da parte di cellule disseminate nel ventre d’Europa. C’è, ha spiegato Minniti, «una durissima battaglia in corso per la liberazione di Mosul. Si sta predisponendo un’operazione militare per colpire il cuore dell’Isis in Siria, che è Raqqa. Sul terreno militare, dunque, il Califfato ha perso significativamente terreno ed è ragionevole pensare che nelle prossime settimane possa perderne ancora, visto che Mosul e Raqqa sono il cuore della sua possibilità di farsi Stato. Contemporaneamente – ha aggiunto – abbiamo un significativo ridimensionamento, quasi del 50%, delle fonti di finanziamento». «Tuttavia – ha ammonito il sottosegretario – non deve sfuggire la caratteristica fondamentale dell’Isis, che tiene insieme la capacità militare e quella terroristica pura. Al fortissimo ridimensionamento e contenimento dell’attività simmetrica (quella militare), ci sono prevedibili ragioni che tutto ciò possa comportare un ulteriore rafforzamento della capacità asimmetrica (quella terroristica). Quando perde sul terreno, è lecito aspettarsi manifestazioni di presenza e potenza attraverso l’attività terroristica».

L’importanza della lotta alla radicalizzazione

Il punto fondamentale della minaccia, secondo Minniti, sono dunque i foreign fighters che tornano da Siria ad Iraq. «Quelli che tornano – ha sottolineato – vanno tenuti sotto controllo e non è facilissimo farlo 24 ore al giorno per Paesi che ne hanno diverse centinaia. Noi abbiamo numeri minori e non sottovalutiamo neppure il più banale dei numerosissimi alert che ci arrivano e che comportano un’attività preventiva straordinaria, prima di dichiarare il cessato allarme». Altri paesi, al contrario sono più esposti al rischio a causa di presenze più massicce di foreign fighetrs e, in quanto tali, più vulnerabili e a rischio. Una delle possibili armi da affilare per ridurre il rischio di una minaccia terroristica incombente è allora – oltre al coordinamento delle varie intelligence a più riprese evocato e auspicato – anche l’avvio di un’iniziativa legislativa contro la radicalizzazione, sostenuta in particolare nell’ambito del contesto enucleato dal sottosegretario che, ha ribadito: «Quando c’è la probabilità che i combattenti ritornino occorre avviare processi di deradicalizzazione, una democrazia seria deve offrire a chi torna dal fronte un’alternativa a fare il terrorista, dare una sponda a chi vuole sfilarsi dal percorso terroristico». Una sponda o, meglio ancora, un’argine.

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