Alfano “stecca” sempre due volte: prima come ministro, poi come leader

3 Nov 2016 12:28 - di Marzio Dalla Casta

Esiste il doppio conduttore tv, esiste il doppio brodo Star ed esiste anche il doppio ruolo di Angelino Alfano, leader di partito e ministro dell’Interno. Ciò nonostante, il suo valore politico è quello del due di coppe quando la briscola è a denari. Lo ha plasticamente confermato il gelo con cui l’alleato Matteo Renzi ne ha accolto la richiesta di rinviare il voto referendario per l’emergenza terremoto. E se la figuraccia rimediata non è stata proprio di quelle stratosferiche, Alfano lo deve solo al solito drappello di dietrologi e retroscenisti che ne hanno attutito il danno facendo finta di scorgere nella sua improvvida sortita un accenno di traiettoria politica. Comunque sia, lo sforzo non è riuscito a modificare il giudizio complessivo degli addetti ai lavori: Alfano ha fatto la pipì fuori dal secchio. Capita. E a lui è capitato proprio per via del suo doppio ruolo – leader di partito e ministro dell’Interno – che non ha precedenti nella storia della nostra democrazia. È infatti persino scontato che nella veste di titolare del Viminale e quindi di responsabile della macchina dei soccorsi e di quella elettorale, Alfano tocchi quotidianamente con mano i terribili disagi delle popolazioni colpite e si interroghi sul come assicurare la regolarità del voto a 40mila sfollati. Ma nello stesso tempo l’ex-delfino di Berlusconi è anche leader di partito e quindi portatore di un interesse di fazione. Circostanza, questa, che contribuisce non poco a spargere un alone di sospetto e di strumentalità sulla sua richiesta di rinvio del referendum. Non dimentichiamo che il Viminale è anche il ministero dove affluiscono sondaggi riservati sulle intenzioni di voto. Dedurne, dunque, che il leader del Ncd Angelino Alfano abbia sollecitato il rinvio del voto dopo che il ministro degli Interni Angelino Alfano abbia dato una sbirciatina ai sondaggi e ne sia rimasto impaurito è un po’ come dire che due più due fa quattro: un gioco da ragazzi. Un brutto segnale per il governo, e soprattutto per Renzi. Che di certo avrà ripensato a quel «un culo, una sedia» che Alfano elesse a manifesto anatomico-politico della propria investitura ai tempi della scalata al Pdl. Certo, da allora in politica tante cose sono cambiate, ma l’anatomia dovrebbe essere la stessa. A meno che non si voglia sostenere che a cambiare inopinatamente posto sia stato proprio il culo di Alfano.

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