Quote rosa, accuse bipartisan alla Raggi: “Ingenerosa, anche tu ne sei figlia”

29 Set 2016 12:12 - di Adriana De Conto

«Rispetto le opinioni di Raggi e Appendino, ma francamente mi sembrano ingenerose: il fatto che loro due ce l’abbiano fatta non vuol dire che tutte le donne ce la fanno». Questo il commento di Stefania Prestigiacomo, deputata di Forza Italia ed ex ministro per le Pari opportunità, in difesa di un suo “cavallo di battaglia”: lo strumento delle quote rosa per promuovere la presenza femminile nelle istituzioni. Nell’intervista alla Stampa, la Prestigiacomo aggiunge Raggi e Appendino «sono figlie delle quote rosa, del cambiamento culturale, cioè, innescato dalla battaglia per portare più donne nelle istituzioni. Negarlo è come negare la storia».

Prestigiacomo: “Raggi e Appendino sono figlie delle quote rosa”

La sindaca di Roma Virginia Raggi aveva detto, rispondendo a chi le chiedeva di inserire donne in giunta, che il meccanismo delle quote rosa «è una legge che nasce per combattere la discriminazione femminile ma diventa ancora più discriminatoria, offende donne e le confina. La parità di genere va promossa nella società ma non attraverso una quota fissa». Insomma, per  la sindaca Raggi le quote rosa si trasformerebbero in una srta di “recinto”. Spiega la Prestigiacomo: «Le quote rosa non sono l’obiettivo, ma lo strumento necessario per riequilibrare la presenza femminile nelle istituzioni.

Alessia Mosca, Pd: «“Quote rosa? Una vera rivoluzione”

Per assicurare, in altre parole, quella partecipazione alla vita democratica che dovrebbe essere normale ma che normale ancora non è». Intervistata dalla Stampa anche Alessia Mosca, eurodeputata del Pd, che risponde alle sindache del Movimento con i numeri: la normativa che impone alle società quotate e partecipate dalla Pa di riservare nei Cda almeno un quinto dei posti alle donne ha prodotto «una vera e propria rivoluzione che ha visto la presenza femminile nei board delle società interessate dalla normativa salire dal 4 al 30%. Il problema della leadership femminile è tutt’altro che risolto».

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