Povera Roma, i Cinque Stelle le fanno danni come i Visigoti di Alarico

8 Set 2016 20:03 - di Aldo Di Lello

Roma, la Città Eterna, riesce sempre ad attirare i barbari: da Brenno ad Alarico, dai Lanzichenecchi alle armate  di  Napoleone , dagli occupanti angloamericani ai palazzinari del dopoguerra, dall’occupazione del Caf ai funzionari e dirigenti con la tessera Pci-Pds-Ds-Pd, fino al liquame di Mafia Capitale, che ha avuto la scaturigine primaria nel sistema di potere instaurato dalle giunte capitoline del centrosinistra. Oggi Roma è caduta nelle mani dei Cinque Stelle. Una città già in decadenza, soprattutto dopo il biennio extraterrestre di Ignazio Marino. Ma ora, con Raggi, Di Battista, Paola Taverna e compagnia cantando, sembra proprio arrivata al capolinea. La rinuncia alle Olimpiadi del 2024 ha tutta l’aria di essere il classico colpo di grazia per una città già prostrata, delusa, rannnichiata nei propri rancori. E questo non solo per il fatto in sé, ma per quello che significa in termini di “stato mentale” della città. Poteva essere una sfida, Roma 2024, un motivo offerto alla città per mettersi alla prova, per darsi un obiettivo, per ritrovare la fiducia in se stessa. Invece non sarà così. Il no ormai certo al privilegio di organizzare una olimpiade, privelegio che tutte le capitali del mondo industrializzato vorrebbero conquistare, fa sprofondare Roma in una mediocrità senza speranza, in un minimalismo disperato. Disperato e tronfio, come sono tronfie le parole del Di Battista: «Il no sarà secco e chiaro, farà tremare il potere». Ma ci faccia il piacere, onorevole Dibba! La parola “potere” esce sempre fuori dalla bocca pentastellata quando i seguaci di Grillo non sanno come motivare le loro, immotivabili, scelte. Come la scelta di Paola Muraro di non dimettersi da assessore all’ambiente, una scelta contro ogni decenza, con tutto quello che sta venendo fuori sulla sua “consulenza” all’Ama. Anche la Muraro accusa i “poteri forti” di avercela con l’amministrazione M5S di Roma.

E a Roma non solo non si faranno le Olimpiadi, ma, con ogni probabilità, non si costruirà nemmeno il nuovo stadio. Pensare una grande opera, un grande evento è peccato. È una Roma piccola piccola quella di Dibba, della Raggi, della Muraro, della Taverna e della Lombardi. Una Roma pasticciona come non s’era mai visto prima. L’ultima tragicommedia è quella dell’assessore De Dominicis, appena nominato e subito dopo dimissionato. È di queste ore la notizia che anche lui era indagato.  Ma da dove è venuta questa gente tronfia,  banale e maldestra ? Dalla folla anonima dei signori e delle signore Nessuno che hanno occupato uno spazio di potere abbandonato dall’insipienza della politica. Come l’iguana che diventa Godzilla nell’atmosfera devastata dalla Bomba H.

«Quali lacrime sono pari alla sua agonia? Una città sovrana di antica data cade»: così scrisse un cronista del tempo in cui avvenne la devastazione di Roma ad opera dei Visigoti di Alarico. Le odierne devastazioni dei nuovi barbari non sono certo cruente, ma feriscono egualmente l’anima di Roma. Sono le ferite che solo la banalità sa produrre.

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