Chi scende e chi sale in casa Grillo. Crolla Di Maio, vola Di Battista

9 Set 2016 11:32 - di Romana Fabiani

C’è chi sale e chi scende ai piani alti di casa Grillo, travolta dallo tsunami di queste ore con risvolti tragicomici. Se Luigi Di Maio, ribattezzato il Fanfani digitale, rischia di precipitare dopo la gaffe della mail “non capita”, scalda i muscoli Alessandro Di Battista, il belloccio pentastellato reduce dal tour estivo per il no al referendum.

Grillo e i suoi ragazzi

“Giggino” continua a scendere mentre Di Battista, dopo lo show di Nettuno, conquista punti agli occhi di Beppe Grillo, ormai tornato al timone del movimento per sbrogliare la matassa romana, che lo ha pubblicamente ringraziato in piazza («Bravo , non ha bisogno di me né di nessuno»). Si atteggia a puro, alza la voce contro Renzi, strappa applausi e sorrisi, gioca alla vittima degli intrighi di corte. Di Maio, invece, inciampato nella trappola tesa dalla collega Paola Taverna (chi ha fornito al Messaggero di Caltagirone il testo della mail?), cambia versione troppe volte, prende tempo e alla fine è costretto a chiedere scusa ai colleghi. Potrebbe finire per una mail la carriera da leader in pectore del vicepresidente della Camera che deve accontentarsi di qualche “scafetta”.

Embargo sulla Raggi

Embargo sulla sindaca Virginia Raggi, la cui quotazione al momento non è pervenuta, nel tritacarne degli eventi l’avvocatessa acqua e sapone non sa bene a che gioco giocare. Paola Taverna sembra uscire a testa alta dal braccio di ferro con Di Maio, ma la rete la bolla come traditrice e lei smentisce di essere stata la fonte della notizia della mail bollente apparsa sulla stampa. Non pervenuti gli altri componenti del mini direttorio capitolino: solo Stefano Vignaroli è presente alla riunione fiume del 6 settembre. Stabile Carla Ruocco, furiosa dopo che Minenna ha lasciato l’assessorato al Bilancio, molto dura con la Raggi e Di Maio, è l’unica del direttorio a non essere intervenuta sul palco e a preferire la seconda fila.

Pizzarotti diventa un gigante

Giganteggia nella mappa grillina il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, epurato provvisoriamente per un avviso di garanzia per abuso d’ufficio, robetta rispetto a quello che pende sulla Muraro. Il sindaco del primo fortino 5Stelle nella città emiliana chiede la rottamazione del direttorio e un cambio di passo. «Non potevano non sapere», ripete Pizzarotti, «capisco benissimo Virginia Raggi, spesso è difficile non subire la pressione mediatica e quelle interne, ci sono state a Parma, figuriamoci in una città come Roma. Però non si può dare la colpa ai poteri forti, bisogna assumersi le proprie responsabilità». Se ci fosse stato Casaleggio non sarebbe successo, è l’amara conclusione del sindaco di Parma. Roberto Fico è in stand-by, da pragmatico quale e, è convinto di superare «questo momento di difficoltà, abbiamo già avuto momenti difficili». Si limita a marinare la commissione Vigilanza Rai e resta il più ortodosso dei “ragazzi” di Grillo.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *