Il Garante della Privacy ammette: sui social è impossibile tutelare gli utenti

15 Set 2016 15:34 - di Paolo Lami

«Possiamo parlare della maggiore o minore efficacia degli strumenti, della lentezza dei giudici o degli organi di controllo, però bisogna anche essere onesti: la tutela di una persona che finisce in un meccanismo del genere è praticamente impossibile». E’ sconsolata e amara l’arrendevole ammissione di Antonello Soro, l’ex-dermatologo e parlamentare del Pd paracadutato sulla poltrona di Garante per la privacy chiamato ora in causa per la terribile vicenda di Tiziana Cantone, la donna che si è tolta la vita perché perseguitata dal filmino hot diffuso su internet.
«Il diritto all’oblio – allarga le braccia Soro confermando che in Italia la figura del Garante della Privacy è solo una foglia di fico – c’è ed è tutelato, ma non sempre basta a eliminare le conseguenze provocate da una diffusione virale e non risolve il problema che è a monte e che è il vero motore di questi drammi. La prima questione è quella della consapevolezza delle insidie che affrontiamo ogni volta che consegniamo alla Rete pezzi sempre più importanti della nostra vita privata. Una consapevolezza carente», ammette Soro. Che, poi, la butta sul sociologico: ci sono, dice, «la ferocia e la violenza della nostra società. I social network sono lo specchio della mancanza di rispetto nei confronti delle altre persone, il continuo calpestare la dignità degli altri. È una questione che viaggia in parallelo con il diritto alla privacy: quando riguarda noi, lo difendiamo con le unghie e con i denti. Quando riguarda gli altri…» lascia cadere al giornalista de La Stampa che lo intervista. Stesso discorso, Soro, lo fa dalle colonne di Avvenire: è un dovere, sottolinea, «sollecitare immediate risposte delle autorità. Chiedere ai gestori una collaborazione vera. Ma tutto questo non basta». «La sfida vera è non rassegnarsi a una Rete discarica di insulti, di istigazioni all’odio, di giudizi liquidatori, di piccole e grandi cattiverie – suggerisce Soro – Bisogna investire nell’educazione digitale. Per i nostri figli è decisivo conoscere l’inglese, ma è altrettanto fondamentale capire le insidie della nuova società digitale, Puoi bloccare, puoi imporre la rimozione di contenuti, puoi pretendere verità – afferma Soro, – tutto giusto, tutto importante. Ma così arriviamo sempre tardi, così possiamo limitare i danni, non evitare disastri». Come è accaduto, infatti, a Tiziana.

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