Spiagge sempre più strette tra cemento e abusi: così l’Italia viene stuprata

5 Ago 2016 18:30 - di Antonio Marras

Oltre 2 mila chilometri di costa sono stati cementificati in Italia negli ultimi 50 anni e il mattone non è che uno dei tanti fattori di pressione sui nostri mari insieme a siti di estrazione o al traffico merci. Invertire la rotta però è possibile, partendo da quei tratti di litorale che ancora “resistono” – dalla Liguria alla Sicilia – e che possono traghettare il Paese verso un’economia “blu” sostenibile. A scattare la fotografia è il dossier “Italia: l’ultima spiaggia” del Wwf che evidenzia come su circa 8 mila chilometri di coste italiane sono 1.860 chilometri i tratti ancora liberi, circa un quarto del totale. Le quattro aree “pilota” individuate dall’associazione, quelle particolarmente ricche dal punto di vista ecologico, sono il Mar ligure e arcipelago toscano, il Canale di Sicilia, il mare Adriatico settentrionale e il Canale di Otranto.

Le spiagge assediate da mattoni e pozzi petroliferi

Il rapporto documenta la crescita e la molteplicità dei fattori di pressione su mari e coste di casa nostra. Non solo il mattone, ma anche gli impianti di acquacoltura (aumentati in 10 anni del 70%), lo sviluppo turistico (il 45% dei turisti italiani e il 24% degli stranieri si riversa sulle località costiere), il trasporto via mare (l’Italia è terza in Europa per il traffico di merci), l’estrazione di idrocarburi (sono 122 le piattaforme offshore attive e 36 le istanze per nuovi impianti). Il cemento gioca un ruolo chiave: in mezzo secolo la densità di urbanizzazione nel primo chilometro di territorio che si affaccia sul mare è passata dal 10 al 21%, con punte del 33% in Sicilia e del 25% in Sardegna. Tra il 2000 e il 2010 sono stati costruiti sui versanti tirrenico e adriatico 13.500 edifici, 40 per chilometro, e più del doppio sulla costa jonica. A questo ritmo, sottolinea l’associazione, nei prossimi trent’anni avremmo almeno altri 40.500 nuovi edifici. Tuttavia interrompendo l’ulteriore consumo di suolo si possono ancora salvare le aree con alto grado di naturalità. Nei tratti a maggiore densità urbanistica proprio il sistema di 100 parchi e riserve e di oltre 200 siti costieri della Rete Natura 2000 fa da argine all’espansione edilizia, osserva l’associazione. Ne sono un esempio i parchi nazionali del Pollino e del Cilento che sul versante tirrenico rappresentano quasi un’oasi di verde in mezzo al cemento. Per questo il Wwf chiede una moratoria della nuova edificazione nella fascia costiera fino all’approvazione dei piani paesaggistici in tutte le Regioni e il blocco dei rinnovi automatici delle concessioni balneari fino a quando l’Italia non si doterà di una normativa che preveda l’obbligo di gara.

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