Siria, l’Onu si infastidisce quando Assad libera le città dall’Isis…

27 Ago 2016 17:48 - di Giovanni Trotta

Quattrocento terroristi e 600 civili sono stati evacuati ieri da Daraya, il sobborgo alle porte di Damasco dalla quale ribelli armati hanno accettato di ritirarsi dopo un assedio delle forze del governo durato quattro anni. Lo riferiscono fonti citate dalla televisione panaraba Al Jazira, mentre un altro migliaio di persone dovrebbe essere evacuato oggi. L’Osservatorio nazionale per i diritti umani riferisce che i primi ribelli sono arrivati a bordo di cinque veicoli, sotto la scorta delle Nazioni Unite e della Mezzaluna rossa siriana, nella provincia nord-occidentale di Idlib, controllata dai fondamentalisti islamici, dove potranno riposizionarsi secondo l’accordo concluso con il governo di Damasco. Gran parte dei civili evacuati sono stati invece trasferiti in centri di raccolta in un’area sotto il controllo governativo vicino a Damasco, in attesa di conoscere il loro destino. Sono circa 4.000 i civili di Daraya e 700 i ribelli che devono lasciare il sobborgo in base all’intesa. Incredibilmente, le Nazioni Unite afermano che «non sono coinvolte e non sono state consultate» per l’accordo tra governo siriano e ribelli anche stranieri per l’evacuazione di Daraya. Lo ha detto l’inviato speciale dell’Onu Staffan De Mistura, ignorando forse il fatto che proprio l’Onu scortava i ribelli.

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Intanto, in nuovo aberrante video, lo Stato islamico è tornato a mostrare al mondo i suoi “leoncini”, ovvero i bambini combattenti killer. Non è la prima volta e, in questo caso, li mostra mentre a Raqqa assassinano dei prigionieri, tra cui anche i curdi che combattono contro l’Isis. Sono cinque bambini stranieri, ha spiegato la macchina della propaganda dell’Isis. Come riferisce via Twitter il Site, sito che monitora l’attività jihadista online, si tratta di un bambino britannico, uno egiziano, uno curdo, uno tunisino e uno uzbeko. In una foto li si può vedere affiancati l’uno all’altro, con indosso la tuta mimetica, mentre sollevano al cielo il pugno che stringe la pistola. Davanti a loro, in ginocchio, ci sono altrettanti prigionieri, che indossano la tristemente nota tuta arancione dei condannati a morte dello Stato Islamico. Si tratta di una notizia che segue di pochi giorni quella di una bambino suicida, di 12 anni, che domenica scorsa si è fatto esplodere ad un ricevimento di nozze a Gaziantep, nel sud della Turchia, causando la morte di oltre 50 persone. E ancora, appena il giorno dopo, quella del bambino con indosso una cintura esplosiva celata sotto la maglietta del campione di football Lionel Messi e fermato dalla polizia a Kirkuk, in Iraq, poco prima si facesse saltare in aria. Il suo fratellino non è stato fermato in tempo: un’ora prima si è fatto esplodere nella stessa città. Di drammatici episodi del genere, corredati di filmati, ne sono stati registrati tanti, negli ultimi tempi. E la tendenza è in aumento. Basti pensare che all’inizio del mese, Hussein Kaedy, incaricato dal governo iracheno di seguire il dramma della questa comunità yazida, ha affermato che oltre 1.400 ragazzi della stessa minoranza religiosa caduti negli ultimi due anni nelle mani dell’Isis sono stati sottoposti a un lavaggio del cervello e vengono addestrati per diventare attentatori suicidi.

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