Gli stabilimenti balneari protestano contro la Ue issando la Union Jack

1 Ago 2016 15:45 - di Giovanni Trotta

Gli stabilimenti balneari della Liguria stanno issando la bandiera inglese simbolo della Brexit per protesta dopo la decisione della corte di Giustizia dell’Ue che, con sentenza, ha stabilito che le concessioni non possono essere rinnovate automaticamente ma che serve una selezione «imparziale e trasparente» (ma cosa vuol dire? Sarebbe strano il contrario…) attraverso gare internazionali. Ad annunciare la protesta, in una nota, il sindacato italiano balneari (Sib) aderente all’Ascom, che invoca l’intervento del governo. I balneari chiedono il legittimo affidamento, il riconoscimento della proprietà delle imprese anche se sorgono su suolo pubblico e il doppio binario con evidenze pubbliche immediate per le nuove concessioni e 30 anni di periodo transitorio per le attuali imprese. A preoccupare i balneari è «la situazione di precarietà senza intravvedere una minima via d’uscita. Siamo in attesa – conclude la nota – che il Governo ci dia quelle certezze che 30 mila imprese balneari, le loro famiglie e i 100 mila occupati diretti attendono da oltre 7 anni».

Per gli operatori la Ue stavolta ha esagerato

E starebbe peggiorando la trattativa tra Italia e Ue sulle concessioni delle spiagge, come sarebbe emerso qualche giorno fa in un incontro a Bruxelles tra il sottosegretario Sandro Gozi e, per la Commissione europea, la direttrice generale alla crescita Lowri Evans, i quali hanno in programma un nuovo confronto a settembre. Lo scrive mondobalneare.com sottolineando di essere in possesso del verbale dell’incontro tenuto a porte chiuse il 20 luglio, in cui Evans avrebbe definito «vantaggi indebiti» i pilastri delle proposte illustrate dal Governo italiano (riconoscimento del valore commerciale degli stabilimenti, periodo di proroga), dopo la recente bocciatura della Corte Ue per la proroga a fine 2020. Le posizioni della Commissione sarebbero più dure della Corte, «addirittura pronta – scrive il sito – a recapitare al Portogallo una procedura di infrazione per dimostrare ai nostri balneari che la disparità di trattamento non esiste». Per la Evans, prosegue, sarebbe necessario «un sistema che faciliti l’ingresso di nuovi operatori e non sembri costruito per tutelare quelli attuali». L’unico aspetto a cui Evans non si sarebbe opposta sarebbe il periodo transitorio tra il vecchio e il nuovo sistema. Di fronte a questa durezza, l’Emilia-Romagna insorge: «Le considerazioni del direttore generale Lowri Evans sono inaccettabili – sottolinea l’assessore al turismo Andrea Corsini – e in contrasto con la sentenza della Corte di Giustizia, che lascia invece la porta aperta alla ricerca di soluzioni nel quadro delle norme europee. La Regione rimane decisa nel chiedere al Governo un negoziato politico, anche duro, con la Commissione». Oltre a ribadire i punti fondamentali, Corsini rileva che «nella trattativa con la Commissione europea il Governo deve far valere la nostra unicità. Siamo diversi dal Portogallo e dalla Spagna: in Italia e in particolare in Emilia-Romagna abbiamo una tipicità ed una organizzazione dei servizi di spiaggia che non ha eguali in Europa».

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