Reato di tortura, l’ammuina di Alfano e la battaglia del Sap: “Bloccarlo subito”

20 Lug 2016 13:29 - di Redazione

Il disegno di legge sul reato di tortura sta aprendo una nuova ferita all’interno della maggioranza, soprattutto dopo le dichiarazioni del ministro dell’Interno, Angelino Alfano. La proposta di legge che vuole inserire nell’ordinamento italiano il reato di tortura (con pene maggiorate, qualora a commetterlo siano dei Pubblici Ufficiali), rimasta sopita per oltre un anno, è tornata in questi giorni sotto li riflettori poiché è approdata a Palazzo Madama. E a dare battaglia, oltre ai parlamentari dell’opposizione, tra cui spiccano Maurizio Gasparri, Carlo Giovanardi e Gian Marco Centinaio (capigruppo della Lega) , i sindacati di Polizia. Tra tutti il Sap, il Sindacato Autonomo guidato da Gianni Tonelli, che è tornato a rincarare la dose dopo le dichiarazioni di Alfano. Perché se è vero che secondo il ministro dell’Interno il ddl tortura  deve essere stoppato, non è possibile farlo subito. No. Verrà “rivisto”, “modificato”, sì, ma alla Camera, quando tornerà in discussione chissà-tra-quanti-mesi.

Una posizione, quella del titolare del Viminale, che secondo Tonelli “è un compromesso al ribasso” poiché il Ministro, in questo modo “ sta ammiccando al partito dell’Anti-Polizia, che alla Camera avrà la meglio visti i numeri schiaccianti della maggioranza”. Un’ammuina, in pratica. E così passerebbe anche quell’emendamento, che il sindacato definisce “diabolico”, che “trasforma il reato di tortura da illecito di durata a reato istantaneo con l’eliminazione della reiterazione della condotta, verrà punita ogni singola azione degli agenti”. Per fare un esempio banale, dunque, un agente che intima a un delinquente di indicare il luogo in cui è tenuto prigioniero un ostaggio, altrimenti lo si arresta e si butta via la chiave, da oggi potrebbe diventare un reato punito severamente con l’impossibilità, per gli agenti, di difendersi. “Questo – continua Tonelli – la dice lunga circa la volontà del Ministro dell’Interno. Se davvero avesse a cuore i suoi uomini dovrebbe ‘minacciare’ il governo, oggi stesso, e uscire dalla maggioranza”. Se il reato di tortura, dunque, venisse approvato in Parlamento e inserito nell’ordinamento italiano (“nonostante – precisa il segretario del Sap – siano già sanzionati i comportamenti quali il sequestro di persona, quello di violenza privata, le lesioni dolose, l’abuso d’ufficio”) si andrebbe incontro “alla paralisi delle Forze dell’Ordine nella loro azione di contrasto alle illegalità”. Un lusso che, in un momento storico così delicato, con le minacce del terrorismo islamico sempre più insistenti, forse non ci possiamo permettere.

 

 

 

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