Per Minzolini l’incubo della “Severino”: «Io, condannato da una toga rossa»

18 Lug 2016 18:10 - di Redazione

Dedicato a chi ancora si ostina a non vedere la necessità, indifferibile, di una profonda riforma della giustizia: il caso Minzolini, l’ex-direttore del Tg1 poi passato nei ranghi di Forza Italia sotto le cui insegne è stato eletto al Senato nell’attuale legislatura. Nel gennaio del 2015 Minzolini viene condannato in via definitiva a due anni e mezzo dalla Corte di Cassazione per peculato continuato in relazione ad una vicenda di carte di credito della Rai con le quali l’allora direttore del Tg1 avrebbe totalizzato spese per circa 65mila euro.

Minzolini fu assolto in 1° grado dall’accusa di peculato

In primo grado Minzolini era stato assolto dal tribunale di Roma e il giudice del lavoro aveva obbligato l’azienda di Viale Mazzini a restituirgli i soldi. La sentenza fu poi ribaltata dalla Corte d’Appello con una condanna confermata dalla Cassazione che fa ora scattare, come pena accessoria, l’interdizione dai pubblici uffici prevista dalla “Severino“, il che significa – esattamente come fu per Berlusconi – la decadenza dal Senato. E proprio in ossequio alla procedura prevista dal regolamento di Palazzo Madama, Minzolini è stato ascoltato in queste ore dalla Giunta per le Immunità, l’organismo che a breve dovrà pronunciarsi sulla revoca del suo mandato.

Condannato da un giudice ex-sottosegretario di Prodi e D’Alema

E proprio qui Minzolini ha fatto sentire la sua voce ricordando che «nel tribunale d’appello (quello che lo ha condannato, ndr) c’era un giudice, Giannicola Sinisi, che era stato in politica per 20 anni in uno schieramento opposto al mio». Sinisi – come ha ricordato lo stesso senatore – «è stato anche sottosegretario nel governo Prodi». Ed è propro lui – ha raccontato Minzolini – a farlo condannare ribaltando la sentenza di primo grado. Non solo: sempre secondo la ricostruzione dell’ex-direttore del Tg1, Il magistrato già parlamentare di sinistra «aumentò» la pena «per farmi incorrere nella legge Severino». Esiste, insomma, più di un motivo per masticare amaro. «Come si può accettare – si è infatti chiesto ancora Minzolini davanti alla Giunta – che un magistrato che è stato in politica torni a giudicare un suo avversario?». Già, non si dovrebbe. Ma – almeno in Italia – si può.

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