Palermo, e dopo il verdetto i familiari degli imputati prendono a pugni il pm

23 Lug 2016 14:13 - di Ginevra Sorrentino

Quando nemmeno toghe e aule di tribunali riescono a fare la differenza. Succede a Palermo: in Aula è attesa la sentenza di un processo per omicidio a carico di due imputati, Pietro Mazzara e Maurizio Pirrotta, alla sbarra per l’assassinio di Antonio Zito, freddato nel 2012 con un colpo alla testa – e di cui poi fu bruciato il corpo – ucciso probabilmente nell’ambito di una guerra tra bande che spacciavano la droga. Il verdetto – letto in Corte dalla Assise che processava i due – era dunque  pressoché scontato: evidentemente per tutti, ma non per i familiari dei responsabili del delitto che, alla lettura della sentenza, hanno scatenato l’inferno…

Familiari degli imputati prendono a pugni il pm

Un caos incredibile: urla, spintoni e poi la vile aggressione al pubblico ministero palermitano Maurizio Bonaccorso, bersaglio prinicipe degli agitatissimi parenti dei due imputati che non hanno neppure provato ad accettare con dignitoso riserbo la condanna comminata ai loro congiunti dietro le sbarre – 30 e 27 anni di reclusione – puntando dritti contro il magistrato che aveva rappresentato l’accusa, colpito con un pugno al viso sferrato al termine esatto della lettura del dispositivo, nella confusione. Una situazione che, peraltro, ha costretto giudici, avvocati e familiari della parte civile a barricarsi nell’aula. A riportare la calma dopo attimi davvero concitati e incredibili, è stato solo l’intervento dei carabinieri in servizio in tribunale accorsi tempestivamente sul luogo della bagarre.

Pm aggredito dopo verdetto: la nota di condanna dell’Anm

Sulla vicenda «la Giunta distrettuale dell’Anm di Palermo manifesta piena solidarietà al collega Maurizio Bonaccorso, vittima di una ignobile aggressione posta in essere, immediatamente fuori dall’aula di udienza della Corte di Assise, da un familiare di uno dei due imputati pochi minuti prima condannati per omicidio, all’esito di un processo nel quale il collega aveva svolto le funzioni di pubblico ministero. In attesa di conoscere in modo più dettagliato la dinamica dell’accaduto – prosegue la nota – resta il fatto che la presenza di quindici carabinieri, nel contempo impegnati anche a frapporsi tra i familiari degli imputati e le parti offese, non è stata sufficiente ad impedire la vigliacca aggressione, cui si è aggiunta la altrettanto grave necessità per l’intero collegio giudicante di rimanere a lungo chiuso nella camera di consiglio dopo la lettura del dispositivo ed a lasciare l’ufficio sotto scorta».

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