Non parte la giunta della Raggi: veti, gelosie e veleni da vecchia politica

3 Lug 2016 8:16 - di Redazione

Risentimenti, divisioni, veleni, scorie difficili da smaltire. C’è uno scontro che sta intossicando l’aria capitolina. Sta mettendo a dura prova Virginia Raggi, la 37enne sindaca che la stragrande maggioranza dei romani ha eletto in Campidoglio. Lei in palese difficoltà: da settimane non trova la quadra sulla giunta. Lei che come Penelope tesse la tela, compone il puzzle. E il mini-direttorio che glielo smonta pezzo a pezzo, ordinanza dopo ordinanza. Giorni cruciali per capire se lo strappo di queste ore si consumerà fino in fondo e se c’è già un nuovo caso-Pizzarotti. Peraltro, magari per sviare l’attenzione dai problemi intemi, ieri Raggi ha chiesto chiarimenti all’Acea, con un post su Facebook, su due presunte «nomine di dirigenti fatte a pochi giorni dal ballottaggio». Richiesta del tutto irrituale che avrebbe destato sconcerto a Palazzo Chigi. Mentre dall’azienda fanno notare che non c’è stata alcuna nomina, ma solo due incarichi temporanei affidati a dirigenti con anzianità aziendale di 15 anni e che comunque riguardano l’organizzazione interna e che quindi competono al management societario, scrive “Il Messaggero“.

Raggi in difficoltà prova a sviare con una lettera all”ACEA

La notte scorsa la Raggi, sempre più in panne, si è lasciata andare ad uno sfogo, ha incontrato Luigi Di Maio in un ristorante romano, a due passi da Montecitorio. Cena riservata a pochi, al fidatissimo Daniele Frongia, probabile futuro vice sindaco, al consigliere regionale del Lazio Gianluca Perilli, uno che in queste ore non ha mai perso la testa. Per evitare che i toni si alzassero, non sono state invitate né la senatrice Paola Taverna né la deputata Roberta Lombardi, due che non si amano e non se lo mandano a dire. La Raggi ha spiegato per filo e per segno cosa ha in mente. Che riteneva compatibile la nomina a capo di gabinetto di Frongia, finito poi sotto tiro. E perché avrebbe voluto puntare anche su Raffaele Marra, l’ex finanziere legato in passato ad Gianni Alemanno, che il rapporto tra l’allora sindaco e Marra si interruppe per la questione legata all’accoglienza degli immigrati e in particolare per i rapporti tra il Comune e le strutture dell’Arciconfratemita. Che dunque Marra è affidabile nonostante i dossier e i contro-dossier arrivati sul suo tavolo. Tanto che Di Maio, in un’intervista rilasciata l’indomani, sie affrettato a dire: «Nessun pregiudizio, chi ha distrutto il Paese non fa parte dei nostri progetti ma chi ha operato bene sì». Sembrava un endorsment per l’ex finanziere e invece era già tutto deciso. Il mini direttorio – Lombardi, Taverna, Castaido, Perilli e Frongia dopo aver premuto invano sulla Raggi per farle cambiare idea, ha invocato l’intervento di Davide Casaleggio. E puntuale, da Milano, è arrivata la stroncatura (salvo ripensamenti).

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