Dagli USA parla Gulen: “Erdogan è stato avvelenato dal potere”

29 Lug 2016 8:25 - di Redazione

Il settantacinquenne Gulen nega ogni responsabilità e, nella sua prima intervista a un giornale italiano, si dice sicuro che l’America lo proteggerà dalle richieste di estradizione di Ankara. Gulen vive dal 1999 in esilio auto-imposto ai piedi dei monti Pocono nella Pennsylvania rurale, tra campi di grano e vigneti, sostenitori redneck di Trump e contadini Amish, a due ore d’auto da New York. Veniamo ammessi nel suo compound di dieci ettari: vi sorgono otto-nove grandi case, che ospitano studenti del suo movimento religioso Hizmet («il servizio»), in un terreno alberato affacciato su un laghetto. L’accesso alla proprietà è chiuso, sorvegliato da una guardia armata e da telecamere ovunque: sugli alberi, i pali, le case. La comunità è oggetto di pettegolezzi e vista con sospetto da alcuni abitanti del villaggio di Saylorsburg, che non ci sono mai entrati ma lo chiamano tra il serio e il faceto «il campo dei terroristi», si legge su “il Corriere della Sera”.

Gulen è il capo del movimento Hizmet

Altri, come Howard Beers che per anni ha fatto lavori di costruzione nel compound, hanno un punto di vista diverso e partecipano alle cene del Ramadan, alle quali però non si vede mai Gulen . Il predicatore, citando i problemi di salute (diabete e alta pressione) accetta di rispondere alle nostre domande per iscritto. È preoccupato che gli Stati Uniti possano accettare la richiesta turca di estradizione? Teme che le elezioni Usa possano avere un peso su questa decisione? Chiederebbe asilo altrove? «Finora il governo degli Stati Uniti non ha confermato di aver ricevuto una richiesta ufficiale di estradizione dal governo turco. È evidente che si tratta di una richiesta politicamente motivata e sono sicuro che i fatti lo dimostreranno. Ho più volte criticato il colpo di Stato e rifiuto con forza ogni accusa di un mio coinvolgimento. Le autorità del governo degli Stati Uniti hanno detto chiaramente che seguiranno le procedure legali nel rispetto della legge e del diritto. Non sono preoccupato e coopererò con le autorità americane».

Casa Gulen negli USA è chiamata “campo dei terroristi”

Lei e Erdogan eravate alleati una volta. Che cosa l’ha portata a fidarsi di lui? Se ne è pentito? «Durante la campagna elettorale del 2002, il partito di Erdogan promise di portare avanti il tentativo di ingresso della Turchia nell’Unione Europea, di difendere i diritti umani e le libertà e di porre fine alla discriminazione dei cittadini sulla base della loro visione del mondo e appartenenza a gruppi sgraditi. Nessun altro partito portava avanti riforme democratiche e per l’ingresso nell’Ue quanto il partito di Erdogan. Durante il suo primo mandato, Erdogan applicò davvero alcune riforme democratiche e fu elogiato per questo dai leader europei. Ma sembra che, dopo essere rimasto al potere troppo a lungo, il presidente Erdogan e il suo partito siano stati affetti dal veleno del potere. Non mi pento di aver appoggiato le riforme democratiche. Se fosse stato un partito diverso a promuoverle, lo avrei sostenuto ugualmente. Adesso, col senno di poi, mi rendo conto di avergli dato troppa fiducia. Mi pento di aver creduto che fossero sinceri sulle cose che promettevano di portare a termine».

Gulen esclude ogni coinvolgimento nel colpo di stato

Lei ha milioni di seguaci. Non è possibile che alcuni di loro, anche senza la sua approvazione o a sua insaputa, abbiano orchestrato il colpo di Stato in Turchia? «La mia posizione, i miei scritti, i miei discorsi, le mie idee, sono pubblici e chiari. In tutta la mia vita, sono stato vittima di colpi di Stato, ho sofferto durante i regimi militari, e ho criticato l’intervento dell’esercito nella politica locale. Se degli individui che leggono le mie opere o che ascoltano i miei discorsi o simpatizzano con le mie idee sono stati coinvolti nel colpo di Stato, allora quello che hanno fatto è un tradimento dei miei valori di base».

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