Consulta: su pensioni di reversibilità “no” a limitazioni basate sull’età

14 Lug 2016 16:00 - di Valerio Falerni

L’amora non ha età e il diritto del coniuge superstite a ricevere la pensione di reversibilità non subisce alcuna menomazione a causa del dato anagrafico di quello morto. Lo ha stabilito la sentenza n. 174 del 15 giugno (pubblicata in queste ore) della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’incostituzionalità della norma (art. 18, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98) che limitava l’ammontare della pensione di reversibilità nel caso il coniuge scomparso aveva contratto matrimonio dopo i settant’anni con una persona più giovane di almeno vent’anni. La Consulta, in coerenza con la propria giurisprudenza, ha ritenuto irragionevole connettere il trattamento previdenziale all’età avanzata del coniuge morto e alla differenza anagrafica con quello superstite.

Nel mirino i matrimoni fra persone con grandi differenze d’età

A giudizio della Corte, invece, la norma dichiarata incostituzionale non rispettava i principi di eguaglianza e di ragionevolezza e il principio di solidarietà, che è alla base del trattamento previdenziale in esame, e interferiva con le scelte di vita dei singoli, espressione di libertà fondamentali. La norma, infatti, aveva introdotto limitazioni per scoraggiare le unioni civili tra soggetti anagraficamente molto distanti in base alla presunzione che i matrimoni contratti da chi abbia più di settant’anni con una persona di vent’anni più giovane siano finalizzati a frodare l’erario, in assenza di figli minori, studenti o inabili. Ma per la Consulta resta «l’intrinseca irragionevolezza della disposizione impugnata, che enfatizza la patologia del fenomeno, partendo dal presupposto di una genesi immancabilmente fraudolenta del matrimonio tardivo». Si tratta di un presupposto di valore fortemente dissonante rispetto all’evoluzione del costume sociale, affermano i giudici, sottolineando il «non trascurabile cambiamento di abitudini e propensioni collegate a scelte personali, indipendenti dall’età». E così, «la piena libertà di determinare la propria vita affettiva ben si collega all’allungamento dell’aspettativa di vita».

La Consulta: «Norma irragionevole e discriminatoria»

L’ordinamento configura la pensione di reversibilità come una forma di tutela previdenziale. Come la stessa Consulta ha chiarito nella sua giurisprudenza, essa risponde all’esigenza di garantire quelle minime condizioni economiche e sociali che consentono l’effettivo godimento di diritti civili e politici. In virtù di questa connotazione previdenziale, il trattamento di reversibilità si colloca nell’ambito degli articoli 36 e 38 della Costituzione, che prescrivono l’adeguatezza della pensione quale retribuzione differita e l’idoneità della pensione a garantire un’esistenza libera e dignitosa.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *