Versò acido corrosivo nella bevanda della compagna incinta: «Sono pentito…»

4 Giu 2016 19:05 - di Redazione

Custodia cautelare in carcere non solo per lesioni gravissime, ma anche per tentata interruzione di gravidanza, è la contestazione che la Procura di Bologna ha aggiunto nella richiesta di convalida della massima misura restrittiva della libertà personale, delineando così maggiormente il quadro accusatorio a carico dell’uomo che ha dato da bere del detersivo alla compagna per procurarle l’aborto. A disporre la custodia è stato il Gip Domenico Panza, accogliendo la richiesta del Pm Giuseppe Di Giorgio e sciogliendo in breve tempo la riserva sul caso del dipendente del Comune di Valsamoggia di 35 anni, autista di scuolabus, che ha confermato in udienza di essere stato lui il 31 maggio a versare un prodotto corrosivo per lavastoviglie nella bibita bevuta dalla compagna, incinta al settimo mese. E di averlo fatto per procurarle un aborto, in preda ad una profonda angoscia dovuta ad un problema riscontrato nel bambino portato in grembo dalla donna, una infermiera sua coetanea con cui era in procinto di andare a convivere. Ora lei, seppur cosciente, è ancora ricoverata in condizioni stabili nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Maggiore, e la prognosi rimane riservata, come ha confermato un comunicato dell’Ausl di Bologna. Stabili anche le condizioni del feto, che non ha riportato danni dall’avvelenamento. Il giudice non ha convalidato il provvedimento di fermo, “escludendo totalmente il pericolo di fuga”, come ha spiegato il difensore dell’indagato, l’avvocato Raffaele Merangolo che lo assiste insieme al collega Giulio Cristofori, ma ha applicato il carcere sulla base della gravità del quadro indiziario. Secondo quanto si apprende, l’ordinanza ritiene confermata la premeditazione del gesto, e ha valutato l’esigenza cautelare sulla base della sussistenza di un rischio di recidiva. L’uomo è ritenuto inoltre incapace di comprendere la gravità delle azioni commesse. Secondo i difensori, che hanno detto di aver apprezzato “l’atteggiamento umano tenuto dal pubblico ministero e dal giudice, che hanno compreso le caratteristiche di questa vicenda incredibile e drammatica”, il carcere è comunque una soluzione temporanea, “riteniamo in poco tempo di poter avere una misura meno afflittiva”. Nei prossimi giorni, hanno aggiunto, “valuteremo l’impugnabilità del provvedimento davanti al tribunale del Riesame”. Il loro assistito è descritto come “molto giù di morale, distrutto. Chiede sempre delle condizioni della compagna e del bambino”.

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