Veneziani: «Giorgia Meloni funziona, ma è troppo sola. Ripartiamo dai temi»

10 Giu 2016 13:32 - di Redazione

«La Meloni funziona ma è troppo sola». Marcello Veneziani, giornalista, saggista, direttore scientifico della Fondazione An intervistato da Il Tempo fa un’analisi della situazione del centrodestra dopo il voto di domenica scorsa. Per Veneziani «la prima impressione è quella dello sfascio totale. Poi però guardando con attenzione si vedono due, tre elementi significativi. Da un lato c’è  l’esistenza di un patrimonio elettorale, pur frammentato, che continua a esistere. Notiamo un voto complessivo al centrodestra che è significativo, nonostante non ci siano stati grandi risultati». La seconda questione – continua Veneziani – è l’esistenza di un’area di opinione in sintonia con alcuni temi importanti della destra, dalla sovranità alla difesa della famiglia. Terza cosa, «siamo alla desertificazione dell’area di An. Dove però rimane in piedi la figura di Giorgia Meloni, che ha avuto un successo dovuto alla sua candidatura a Roma, non esteso a dimensione nazionale. Un punto non negativo del quadro generale».

Veneziani: tanti errori fatti

Gli errori fatti a Roma? «Tanti – risponde Veneziani – a partire dall’esitazione sulla candidatura che ha avuto la stessa Meloni. E poi il valzer sulle candidature cui hanno partecipato in tanti con punte di grottesco. Poi la rottura tra Berlusconi e Giorgia Meloni  e la malevola coalizione di molti ex An contro la leader di Fratelli d’Italia.  Infine, la becera battuta di Alessandra Mussolini dell’altro giorno. Gli errori sono stati questi. Poi, Giorgia Meloni in tv ha funzionato, come candidata. L’impressione che ha dato agli elettori è stata quella di una figura singola, un po’ come la Raggi. Non l’espressione di un mondo, di una cultura e di un terreno condiviso, di un’esperienza anche politica precedente. Soltanto una figura individuale, efficace, che evoca vagamente alcuni temi della destra nazionale e sociale».

«Credo a un bipolarismo alternato»

Veneziani poi si sofferma sul bipolarismo: «A differenza  di altri, non credo alla teoria del “tripolarismo imperfetto”. Penso piuttosto che ci sia un bipolarismo alternato. A volte “l’altro polo” è rappresentato dai grillini, altre dal centrodestra. In realtà siamo in una fase scombinata, in cui non si può parlare di un quadro politico ben definito e per certi versi è inutile concentrarsi su questo.  Io credo che occorra puntare sui contenuti, e la destra deve fare una immersione nella profondità della cultura, dei media. Bisogna agitare idee, essere più presenti sui giornali, pensare al sociale. Partire da un punto di ritrovo basato non sui personaggi e personaggetti, ma sui grandi temi. Che non siano, però riconducibili solo a una persona o ad una corrente».

«Partire dalle strutture come la Fondazione An»

Infine, per il direttore scientifico della Fondazione An, «il problema è salvare il salvabile di quello che c’è, ma poi procedere a una forte “selezione umana”, cercando di “riaprire le iscrizioni”, cioè coinvolgendo altri soggetti, altri personaggi rispetto agli attuali».  Tutto ciò, puntualizza, «significa  partire dalle strutture che ci sono, come la Fondazione An».

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