Cosa resterà dell’Italia quando sarà passata l’onda grillina ?

24 Giu 2016 9:20 - di Roberto Menia

Ha ragione (da vendere) Beppe Grillo ad invocare le urne e le elezioni politiche, perché il trend post amministrative lo supporta: è ormai ben definito e poco opinabile. Il pd renziano non piace più. Da buon apprendista stregone, lo spregiudicato Matteo ha innescato un meccanismo rottamatorio che rischia di travolgere lui stesso, i voti della sinistra (come della destra) vanno sempre più spesso ai pentastellati, anche se inesperti (Raggi) o espressione di altri mondi non proprio antisistema (Appendino, figlia e moglie di un imprenditore); l’inseguimento lepenista della Lega non sfonda, anzi, retrocede come dimostra la debacle di Varese e Roma e l’assenza pressoché totale nel meridione. E’ la ragione per cui, ancora di più, servirebbe, sin da ora, arare il terreno del centrodestra e piantarci semi che ne garantiscano un nuovo germogliare di volti, uomini, esempi, intelligenze.

Quando avverrà? Possibilmente presto, prima che il terreno si inardisca, e comunque quando l’onda grillina inevitabilmente rientrerà. Beata speranza? Forse, ma la logica delle cose potrebbe venirci in soccorso. Numerosi sono stati gli esempi di candidati grillini spalleggiati dall’elettorato di centrodestra, sia per dare una spallata al segretario del Pd, sia per far sentire e pesare il proprio voto nel generale panorama di insoddisfazione. Il nodo di fondo è che fin quando non salterà il tappo berlusconiano, che continua (al netto delle gravi disavventure di salute) a frenare una qualsivoglia forma di successione, non ci potrà essere spazio per ragionamenti e programmazione.

Il tabù riguardante il futuro del centrodestra italiano  non è stato sino ad oggi superato, e proseguire incessantemente con questa deriva ritarderà un’eventuale creazione di un soggetto nuovo e innovatore, che sia alternativa credibile al Pd, e non proponendo solo un vaffa day. Sino ad oggi volti nuovi non se ne sono visti perché non è stato fatto neanche scouting. Solo nel nostro Paese c’è una reticenza a parlare di successione nel campo repubblicano, conservatore e liberale. Altrove i contenitore sopravvivono a leader e ideologi. Lo stesso Matteo Renzi ha dapprima lavorato per scalare il Pd, per cambiarlo dal di dentro e solo dopo piazzare il colpo che lo ha portato a Palazzo Chigi, scalzando Enrico Letta. Cosa resterà dunque dell’Italia quando sarà passata l’onda grillina ? Stando così oggi le cose, solo i pochi partiti strutturati che non sono stati chiusi. Tra di loro non c’è n’è uno che incarni una destra moderna e non populista. Perché? Più facile e conveniente, non fosse altro perché non servono più di due neuroni, urlare contro tutto e tutti, insultare avversari e matrigne vere o presunte, dall’Ue alla moneta unica, promettere un’aliquota unica al 15%, illudere su fantomatici nuovi posti di lavoro, o annunciare di sigillare con filo spinato tutto il Mediterraneo meridionale. Più complesso, perché serve studiare e farlo bene, inventarsi nuovi business per le nostre imprese, lavorare per fare davvero rete e non cerchi magici, proporre modifiche utili all’Unione Europea (che è giusto criticare ma senza perderne senso e appartenenza) per non languire nel rigorismo che stritola e deprime, ma per cercare piuttosto di avanzare come soggetto in Medio Oriente e nel nord Africa…  senza quella spocchia tarata tipica di chi twitta e non approfondisce. Che si tratti di un’impresa titanica è un’ovvietà di semplice lettura. Ma il futuro centrodestra italiano ha un’altra alternativa se non vuol morire populista o annacquato tra i cinque stelle?

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