La Roma grillina: Enrico Vanzina racconta i nuovi pariolini “de sinistra”

26 Giu 2016 11:27 - di Lisa Turri

Walter Veltroni, intervistato da Repubblica, cita un autore che piace ai conservatori, Johan Huizinga, per dire che tutto sta andando a rotoli. Huizinga lo scriveva nel 1933 nel suo La crisi delle civiltà: “Vediamo come tutte le cose che una volta ci apparivano salde e sacre si siano messe a vacillare”. Pensa al sogno europeista, Veltroni, ma anche al suo Pd lacerato e sconfitto. E pensa alla sinistra che non sa più immaginare una società migliore. E’ il mito progressista che è andato in frantumi. La sinistra si è fatta apocalittica, umorale, pessimista. E perde nel confronto con le destre che agitano il passato come età dell’oro da recuperare: le nazioni senza immigrati, senza moschee, senza le regole di Bruxelles, senza l’euro.

Se l’obiettivo si punta su Roma, dopo il terremoto suscitato dalla vittoria Cinquestelle, la sinistra appare ancor più ripiegata su se stessa, impossibilitata anche a fare una liberatoria analisi di un voto insoddisfacente perché Renzi, causa Brexit, ha rinviato la direzione del partito a data da destinarsi. E mentre Virginia Raggi è alle prese con la giunta (arriverà l’assessore alla “Roma semplice”, Flavia Marzano) e l’urbanista Paolo Berdini, che fa parte della nuova squadra capitolina, fa un pasticcio sullo stadio della Roma (dice che non si fa e poi ritratta), un osservatore attento delle mode cittadine come Enrico Vanzina, nella sua rubrica sul Messaggero, descrive la “mutazione genetica” del borghese pariolino che ha votato convintamente Roberto Giachetti. Quei pariolini che prima erano “storicamente liberali o cattolici vandeani o di pura destra”.

E’ accaduto invece che il borghese pariolino “ammaliato dalle sirene del politicamente corretto, ha iniziato a leggere i libri giusti consigliati dai critici di regime, a vedere i film da festival, a frequentare Capalbio gomito a gomito con la gauche caviar, a rinnegare prima Fini, poi l’impresentabile Cavaliere, a mollare subito Monti, finendo dritto nelle braccia della nuova sinistra dal viso gentile, che lo fa stare bene dentro perché finalmente non gli rimprovera il benessere e lo rende simile a quelle star liberal di Hollywood che tifano per i poveri e vanno in giro in Ferrari”. Ora, una cosa è certa, per la sinistra questi pariolini sono un’antropologia ingombrante, invadente, imbarazzante. Il centrodestra dovrebbe cercare di riprendersi questa borghesia célinianamente “sfessata” e darle una bandiera che non si limiti alla difesa del proprio orticello. Vediamo se il laboratorio-Roma darà, da questo punto di vista, frutti interessanti.

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