L’Istat: carrello dello spesa sempre più caro. Sulle famiglie il peso della crisi

14 Giu 2016 11:35 - di Redazione

A giudizio dell’Istat, l’inflazione resta sostanzialmente “fredda”. Secondo il nostro Istituto di statistica,che ha confermato le stime preliminari,  infatti, a maggio 2016 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) ha registrato un aumento dello 0,3 per cento su base mensile e una diminuzione su base annua pari a -0,3 per cento. Una sorta di compensazione, il cui unico effetto è una tenue attenuazione della deflazione che segue il calo tendenziale dei prezzi dello 0,5 per cento ad aprile.

Istat: a maggio beni alimentari +0,3 per cento

I prezzi del cosiddetto carrello della spesa con i beni alimentari, per la cura della casa e della persona aumentano dello 0,3 per cento a maggio rispetto ad aprile e registrano una variazione nulla su base annua (dopo il -0,2 per cento del mese precedente). Secondo l’Istat, nel dettaglio, il ridimensionamento della flessione su base annua dell’indice generale è principalmente da attribuire all’inversione di tendenza dei prezzi dei tabacchi (+2,0 per cento, da -0,3 per cento del mese precedente) e degli alimentari non lavorati (+0,4 per cento, da -0,5 per cento del mese precedente). L’Istat ha spiegato che «la persistenza delle dinamiche deflazionistiche è in gran parte riconducibile ai forti cali dei prezzi dei beni energetici (-8,4 per cento rispetto a maggio 2015), al netto dei quali l’inflazione è paria +0,5 per cento (era +0,4 per cento ad aprile)».

Aumentano anche le sigarette (+2,4)

Al netto degli alimentari non lavorati e dei beni energetici l’«inflazione fondo» si mantiene positiva, accelerando lievemente (+0,6 per cento, da +0,5 per cento di aprile). L’inflazione acquisita per il 2016 è pari a -0,3 per cento (era -0,5 ad aprile). L’aumento su base mensile dell’indice generale è da ascrivere principalmente all’incremento dei prezzi dei tabacchi (+2,4 per cento), dei beni energetici non regolamentati (+1,7) e degli alimentari non lavorati (+1,1 per cento).

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