I dipendenti gonfiano i rimborsi per la benzina? Possono essere licenziati

13 Giu 2016 9:51 - di Redazione

“Gonfiare” i rimborsi del carburante, anche del doppio rispetto a quello effettivamente consumato per esigenze di lavoro, è un comportamento che lede il rapporto di fiducia tra datore e dipendenti e può portare anche al licenziamento. Lo sottolinea la Cassazione accogliendo un ricorso di Sky contro un dipendente della sede di Ancona che «aveva chiesto rimborsi del prezzo del carburante eccessivi rispetto ai consumi sostenuti». In primo e secondo grado, i magistrati abruzzesi avevano invece ritenuto “sproporzionata” la sanzione della perdita del posto di lavoro «vista la modesta intensità del dolo», e considerato anche che Sky non si era subito accorta delle infrazioni commesse dal dipendente ingenerando in lui la convinzione che ci fosse “tolleranza” per quella sorta di “benefit” da rimborso gonfiato che Marco S. percepiva senza averne diritto.

Il controllo dei dipendenti

Questo punto di vista non è stato condiviso dagli ermellini che, con la sentenza 10069 hanno annullato con rinvio alla Corte di Appello dell’Aquila, la decisione di reintegrare il lavoratore nel suo posto. «Il datore di lavoro ha il potere, ma non l’obbligo, di controllare in modo continuo ed assiduo i propri dipendenti contestando loro immediatamente qualsiasi infrazione al fine di evitare un possibile aggravamento: un obbligo siffatto, – rileva la Cassazione – non previsto da alcuna norma di legge né desumibile dai principi di correttezza e buona fede, negherebbe in radice il carattere fiduciario del rapporto di lavoro subordinato, che implica che il datore di lavoro normalmente conti sulla correttezza del proprio dipendente, ossia che faccia affidamento sul fatto che egli rispetti i propri doveri anche in assenza di continui controlli». Quanto alla tempestività della contestazione disciplinare, ad avviso degli “ermellini” essa «va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell’infrazione ove avesse esercitato assidui controlli sull’operato del proprio dipendente, ma in relazione al momento in cui ne abbia acquisito piena conoscenza».

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