Dopo la violenza, la sedicenne insultata dagli amici degli stupratori

30 Giu 2016 16:16 - di Lisa Turri

Il Gip del tribunale dei minori di Salerno ha convalidato l’arresto in carcere per quattro dei cinque giovani accusati di aver violentato domenica scorsa una sedicenne in un garage a San Valentino Torio (Salerno). I cinque ragazzi accusati della violenza hanno tutti un’età compresa tra i 15 e i 17 anni.

Ma la notizia purtroppo non è questa, bensì gli insulti ricevuti dalla vittima dello stupro di gruppo, che si è vista mettere all’indice sulla sua bacheca Fb, come riferisce il quotidiano Repubblica: “li hai inguaiati” hanno scritto gli amici degli stupratori, e poi altri epiteti non proprio benevoli, frutto di una sottocultura che non accetta il “no” da parte di una donna, e che è pronta a giustificare la violenza con la condotta libera della vittima. Un beffardo gioco prospettico in cui gli stupratori diventano vittime e la vittima diventa la carnefice che non tace, che denuncia, e che in fondo si sarebbe meritata il barbaro epilogo della serata che l’ha vista umiliata e ferita. Una sottocultura sfacciata ed esibizionista, che non conosce vergogna e che si adatta alla logica del branco, la stessa che ha sovrastato una sedicenne.

Alcuni media hanno riferito che gli stupratori si sono difesi dinanzi ai carabinieri affermando di non avere fatto niente di male. E se cambiamo luogo e circostanze, la giustificazione di uno stupro segue sempre la stessa formula vile: lei ci stava, lei era consenziente. È accaduto anche a Savona, qualche giorno prima dello stupro nel Salernitano, dove una ragazza di 18 anni ha denunciato un altro stupro di gruppo, organizzato dal suo “fidanzato” e due amici minorenni (17 anni) che lui si era portato dietro. Lui l’ha “offerta” agli amici come se niente fosse, come se fosse un giocattolo, una bambola priva di emozioni e di dignità. La conferma è giunta dal procuratore minorile Cristina Maggia: questi ragazzi hanno perso il senso del limite. Per loro conta il divertimento. E reputano di poter uscire indenni dopo aver commesso un reato invocando appunto le ragioni del “gioco”. Un orrore che indigna, un’aberrazione contro la quale sono necessarie pene esemplari prima ancora di una rieducazione culturale che forse su soggetti del genere non avrà mai gli effetti sperati.

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