Camorra, maxi sequestro di beni ad imprenditori legati al clan Misso

14 Giu 2016 11:12 - di Redazione

Beni per dieci milioni di euro sono stati sequestrati dalla Dia ai fratelli imprenditori Giuseppe e Vincenzo Candurro ritenuti legati al clan della camorra Misso del quartiere Sanità di Napoli. Il personale della Direzione investigativa antimafia ha messo i sigilli, complessivamente, a ventuno immobili, tra appartamenti, magazzini, terreni e autorimesse; otto società (tra cui la Girosa immobiliare e la Candurro Group); al 50% di un garage tra i più grandi della città di Napoli; a una rivendita di tabacchi e valori bollati nella provincia di Salerno; a venti veicoli (tra auto e moto), a 47 depositi bancari e a undici polizze assicurative. I provvedimenti sono stati emessi dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Napoli.

Camorra, le indagini al via dopo un bonifico su un conto svizzero

Le indagini nei confronti dei due imprenditori del clan Misso sono partite dal sequestro di un manoscritto con il quale il boss Giuseppe Missi, detto “o’ nasone”, dava disposizione all’istituto Credit Suisse di Ginevra, che gestiva il suo conto corrente, di trasferire ogni disponibilità finanziaria a Vincenzo Candurro, detto “Enzo o’ barbiere”, su un conto aperto a suo nome sempre sullo stesso istituto di credito. Da accertamenti è emerso che la somma accreditata ammontava a 649mila dollari. Il clan Misso, di cui i fratelli Candurro sono ritenuti elementi di vertice, a partire dagli anni ’80 e fino ai primi anni del 2000, è stato una delle organizzazioni camorristiche più pericolose di Napoli. Poi, con l’avvio della collaborazione con la giustizia de “o’ nasone”, è stato azzerato dall’azione di magistratura e forze dell’ordine. Fin dagli anni ’80 ha gestito per conto del clan il riciclaggio delle marche da bollo rubate e l’importazione di motorini elettrici dalla Cina.

Gestiti tra il 1997 e il 2007 titoli per 8 miliardi di lire

Vincenzo Candurro “o’ barbiere”, condannato per associazione mafiosa e oggi pentito, così chiamato perché era proprietario di una barberia nel centro storico di Napoli, ha ricoperto il ruolo di cassiere del clan ed è stato uomo di fiducia del boss. Era sempre presente, con la sua famiglia, a tutti i banchetti che il Giuseppe Missi organizzava nella sua abitazione avvalendosi di cuochi e camerieri di un importante ristorante del Borgo Marinari della città. Il fratello Giuseppe, invece, è stato condannato per avere impiegato in attività economiche denaro di provenienza illecita. I due fratelli non hanno mai saputo spiegare l’enorme quantità di denaro che avevano a loro disposizione ritenuta frutto delle attività illecite del clan. Un clan che nel rione Sanità – tra il 1997 e il 2001  hanno gestito titoli azionari e strumenti finanziari per oltre otto miliardi di vecchie lire.

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