Nozze gay, la battaglia comincia ora. Il centrodestra annuncia il referendum

12 Mag 2016 11:42 - di Lando Chiarini

La battaglia sulle nozze gay non è finita, comincia adesso. È notizia di queste ore l’annuncio da parte di un gruppo di parlamentari – quasi tutti del centrodestra – di raccogliere le firme per un referendum abrogativo della legge appena approvata dalla Camera con l’ormai consueto ricorso alla fiducia. Renzi l’ha posta perché aveva bisogno di un successo purchessia. In realtà, è il primo a sapere che la legge Cirinnà – dal nome della sua ispiratrice – era attesa e voluta solo dalla lobby radunata sotto l’acronimo Lgtb (lesbiche, gay, transessuali, bisessuali) e da fazioni militanti dell’attivismo omosessuale neppure rappresentative per intero di quel mondo.

Nozze gay, spottone di Renzi pro-Giachetti

Sa bene, quindi, il premier, che l’introduzione delle nozze gay nella nostra legislazione non soddisfa alcun interesse generale o diffuso, ma asseconda solo il suo calcolo politico-elettorale di attrarre a sé quel che residua della sinistra del Pd e di strappare qualche voto ai grillini alle amministrative di giugno. Il fatto che a presiedere l’aula di Montecitorio e a proclamare il risultato dell’approvazione della Cirinnà fosse Roberto Giachetti, candidato sindaco della Capitale per espresso volere di Renzi, è parso a molti un vero e proprio spot elettorale. E di certo è così. Ma anche il ricorso al voto di fiducia alimenta il sospetto del brutale regolamento di conti a sinistra. Non c’era alcun bisogno di mettere la mordacchia ai deputati se non quello di sbandierare il vessillo della Cirinnà in piena campagna elettorale con la speranza di donare un po’ di sangue fresco agli anemici candidati Pd di Roma, Milano e Napoli. Qualcuno obietta che è da anni che in Italia si parla di unioni civili. E allora? A maggior ragione non sarebbe cascato il governo, e men che meno il mondo, se fosse trascorso un mese in più, semmai per migliorare il testo.

Premier opportunista: nel 2006 partecipò al Family day

Ma a Renzi del merito della questione non importa un fico secco. E neppure dell’impatto delle nozze gay su un’Italia demograficamente a terra. Nel 2006 stazionava addirittura sulla barricata occupata dal popolo del Family day, che oggi guarda con fastidio ma nel quale, all’epoca, da buon opportunista, s’intruppava volentieri. D’altra parte, piegare il Parlamento a seconda delle proprie convenienze è un lusso che a Renzi concede la mancanza di leadership alternative. E, si sa, in una notte nera come quella che da tempo avvolge la politica nazionale, persino un baluginio può sembrare una luce sfavillante. Ma qui la colpa non è del premier bensì di un centrodestra in letargo politico, rivelatosi finora incapace di tornare competitivo intorno a una nuova leadership. Ma nulla è eterno, per fortuna, neppure l’afasia dei moderati. E non è da escludere che sviluppi in tal senso possano essere visibili già all’indomani delle elezioni di giugno. Non esiste notte, del resto, che non incontri l’alba.

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