Il massacro di Sebastiano Caprino, lo “Sconosciuto 1945” del libro di Pansa

10 Mag 2016 12:44 - di Antonio Pannullo

Il nome di Sebastiano Caprino, di cui oggi ricorre l’anniversario della drammatica morte, è quasi del tutto dimenticato. Se non fosse stato per Giampaolo Pansa, che raccontò la sua storia nei suoi libri Il sangue dei vinti e poi in Sconosciuto 1945, la memoria di questo grande giornalista e conduttore radiofonico si sarebbe persa per sempre. Anche noi rendiamo un doveroso omaggio ricordandone la tragica vicenda. Caprino trovò la morte, a soli 28 anni, ma già con moglie e due bambini piccoli, in quella che si è definita la grande mattanza di Milano nelle settimane successive al 25 aprile 1945. Fu ucciso per strada, vigliaccamente, in un agguato da partigiani rossi che lasciarono il suo corpo in via Monte Cimone, insieme a quello di due suoi colleghi, un giornalista e una segretaria di redazione. Ma a Caprino sfigurarono il volto con una sventagliata di mitra, per evitare che potesse essere riconosciuto troppo presto, prima di gettarlo in una fossa comune al cimitero del Musocco. Ma andiamo con ordine. Sebastiano Caprino era nato nel 1917 (ma secondo una fonte della Repubblica Sociale Italiana, nel 1916) a Roma. Sin da giovanissimo aderì al fascismo e si dedicò al giornalismo, la sua vera passione. Fu tra l’altro capufficio stampa della Gil, la Gioventù italiana del Littorio. Scoppiata la guerra, partì con il corpo di spedizione italiano in Russia, l’Armir, e fu uno dei pochi che tornò. Dopo l’8 settembre aderì senza esitazioni alla Repubblica Sociale, conscio che l’onore era la prima cosa per un italiano e per un soldato. Qui la sua storia si intreccia con quella di altri protagonisti di quelle tragiche vicende: divenne redattore capo del quotidiano della Rsi Repubblica fascista, per la quale scrisse numerosi articoli nei quali spiegava i motivi di una scelta che ad altri sarebbe potuta sembrare suicida. ià nel 1944 scriveva: “Perché la maggioranza di noi, la stragrande maggioranza di noi, ha ripreso il suo posto di combattimento e di fatica dopo l’8 di settembre non per speranza di farsi una fortuna politica o materiale, ma per rispondere alla voce della sua coscienza indipendentemente da ogni calcolo di probabilità di successo, per smentire con un atto di fede, di onestà e di coraggio, le facili accuse di vigliaccheria”. Repubblica fascista era diretta inizialmente da Carlo Borsani, la Medaglia d’Oro, cieco di guerra, che troverà la morte anch’egli a Milano, assassinato dai partigiani proprio come Caprino. E pensare che Borsani fu sostituito alla direzione di Repubblica Fascista perché considerato troppo morbido con gli antifascisti. Il suo posto fu preso dal padovano Enzo Pezzato, coetaneo di Caprino, giornalista, eroe di guerra, già direttore di Il Piccolo di Trieste.

Caprino diresse anche Radio Tevere, la voce di Roma libera

Nel luglio 1944 lo stesso ministro Fernando Mezzasoma chiamò Pezzato e Caprino al più importante quotidiano della Rsi. Poiché con Mezzasoma in quel periodo lavorava anche Giorgio Almirante, è molto probabile che i tre giornalisti si siano conosciuti. Caprino, poi, fu chiamato a dirigere l’emittente fascista Radio Tevere, la voce di Roma libera. Radio Tevere che si presentava appunto come “Voce di Roma Libera”, voleva essere scambiata per una postazione partigiana operante al sud, occupato dalle truppe alleate: il programma era generato a Morivione con grande dispendio di mezzi e con buoni risultati artistici. Gli uffici della redazione Centrale erano in Corso Sempione 25 e 27, operativamente era utilizzata la sede di Morivione. I programmi, ben costruiti e presentati sotto la direzione di Caprino, fecero di Radio Tevere la radio più seguita nel nord Italia, ascoltata anche da molti antifascisti.Quando arrivò il 25 aprile, Caprino, Pezzato e la segretaria di redazione Pia Scimonelli Bojano, 36enne moglie di un disperso in Africa orientale e con tre bambini piccoli da mantenere, decisero di nascondersi in un appartamento a Milano, in via Scarlatti 7, non lontano dalla stazione centrale. Secondo quanto racconta Pansa in Il sangue dei vinti (Sperling & Kupfer, 2003) e secondo quanto raccontato da Ugo Franzolin nel suo libro di memorie I vinti di Salò (Settimo Sigillo, 1995), i partigiani riuscirono a scoprire dove si nascondevano e intorno al 7 od 8 maggio li sequestrarono per poi assassinarli in tempi diversi. Qui le notizie non sono sicure, perché nessun responsabile della strage venne mai assicurato alla giustizia. Nessuno sa cosa successe dopo: sembra che Pezzato sia stato assassinato l’8 maggio stesso in via Adamello, Caprino il 9 o il 10 in via Monte Cimone e la Scimonelli l’11 in via Feltre, vicino al Parco Lambro. Si sa solo, perché la figlia di Caprino, Giovanna lo raccontò successivamente a Pansa, che la moglie di Caprino riconobbe il marito all’obitorio di via Ponzio, e lo riconobbe dal vestito e dalle calze, tanto il volto era stato sfigurato dagli assassini: poiché il vestito era stato fatto da una stoffa dalla quale era stata ricavata anche la gonna della moglie di Caprino. La vicenda ha una coda: dopo l’uscita di Il sangue dei vinti, la figlia di Sebastiano contattò Pansa, e gli portò, sessant’anni dopo, la piastra metallica che era stata trovata addosso la padre, con la dizione Sconosciuto 1945, che poi è quella riprodotto sulla copertina di un successivo libro di Pansa, del 2005, che porta proprio il titolo Sconosciuto 1945, a simboleggiare tutte le decine di migliaia di vittime ignote della furia partigiana di quei mesi.

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