Nuova impresa di Nibali: va in maglia rosa e ipoteca la vittoria del Giro d’Italia

28 Mag 2016 17:31 - di Robert Perdicchi

Ieri era risorto, aveva rimontato fino alla seconda posizione. Oggi Vincenzo Nibali s’è preso la maglia rosa del Giro d’Italia, ormai in cassaforte, a meno di clamorose debacle nell’ultima tappa di domani, sulla carta del tutto inoffensiva. Staccato il colombiano Chavez, che lo prevedeva di 44 secondi. La vittoria è andata a Taaramaenella tappa di 163 km da Guillestre a San’Anna di Vinadio. Nibali è scattato sul Colle della Lombarda, ai 15 chilometri dall’arrivo, staccando Chaves e Valverde, per poi arrivare secondo e prendersi la maglia rosa.

Vincenzo Nibali, neo maglia rosa e virtuale vincitore del Giro d’Italia alla vigilia della passerella di domani, ha ricevuto i primi complimenti all’arrivo dai familiari di Esteban Chaves, il colombiano cui ha strappato il primato, quando ormai era chiaro il passaggio di maglia rosa. Il campione siciliano, una volta tagliato il traguardo, ha atteso l’arrivo degli altri corridori stremato dalla fatica, a bocca aperta e accasciato sul manubrio.

Le grandi imprese prima di Nibali

Una delle ultime imprese porta proprio la sua firma, quando al Giro 2013, già certo del successo, conquistò nella tormenta la terribile tappa sulle Tre Cime di Lavaredo. Per Vincenzo Nibali non è quindi una novità sottolineare con imprese d’altri tempi le sue vittorie nei grandi appuntamenti, come ha fatto oggi strappando la maglia rosa a Chaves nell’ultima e forse più difficile tappa del Giro. Il campione di Messina iscrive il suo nome nell’albo delle grandi gesta del ciclismo. Tra le mille imprese di Fausto Coppi, una delle più citate è la fuga di quasi 200 km compiuta nella tappa Cuneo-Pinerolo del Giro del 1949, ritenuta da alcuni la più leggendaria della corsa rosa e, forse, del ciclismo. Da solo affrontò cinque colli, Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere, arrivando al traguardo con 12′ di vantaggio su Gino Bartali. Quel giorno Dino Buzzati scrisse: «Non rivedremo più che due corridori fino alla fine, il fuggiasco e l’inseguitore, due eroi che si disputano il regno». Oltre dieci anni prima, al Giro ’37, il toscano Bartali domò le Dolomiti, staccando tutti sui passi Rolle e Costalunga ed arrivando al traguardo di Merano con 5′ di vantaggio che gli garantirono la vittoria nella maglia rosa. Si passa poi al 1956 – ancora il Giro, ancora la neve – quando il lussemburghese Charly Gaul si impose sul Monte Bondone, conquistando la maglia rosa che portò fino alla fine. Una tempesta di neve costrinse al ritiro gran parte dei corridori, Gaul tenne duro e arrivò da solo al traguardo, semiassiderato. Non da meno, anzi, fu però Fiorenzo Magni, che arrivò con la spalla fratturata e il manubrio tenuto con i denti, attraverso un laccio particolare. Aveva ancora qualche capello, Pantani, quando andò all’attacco contro Miguel Indurain ed Eugenio Berzin sulle Dolomiti nel Giro del ’94. Quando vinse la prima tappa all’Aprica aveva la faccia seria: “Domani ci riprovo”. Domani c’era il Mortirolo. E fu subito leggenda. Un’altra del Pirata: al Giro 1999 fu costretto a fermarsi per salto della catena a 10 km dall’arrivo al Santuario di Oropa, salvo poi tornare sugli avversari e superarli uno a uno prima di vincere per distacco. Un passo indietro nel tempo per trovare Eddy Merckx, forse il più forte di sempre, e ritrovare le Tre Cime, nel Giro del 1968: in una giornata di neve e gelo, il Cannibale non fece prigionieri.

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