“Donald Trump? Non è poi così male” , parola di filosofo marxista

17 Mag 2016 10:07 - di Aldo Di Lello

Il programma economico di Donald Trump? “E’ assai più moderato rispetto a quelli che piacciono alla destra americana. Sarebbe stato peggio Ted Cruz“. Il filosofo Slavoj Zizek dice cose che non ti aspetteresti mai di sentire da uno che ha appena pubblicato un libro che si intitola La nuova lotta di classe (Ostuni ed). In realtà queste parole di Zizek non sorprendono più di tanto chi conosce un po’ il suo pensiero. Il filosofo (insegna all’Università di Lubiana, ma è una sorta di “star” internazionale della cultura) è un esemplare particolare di intellettuale di sinistra: combatte il pensiero unico (al pari di tanti intellettuali di destra) e non crede nei “palliativi proposti dalla sinistra liberal” . “Lo so è triste – ammette in una intervista rilasciata a Guido Azzolini de la Repubblica – ma per capire il nostro tempo dobbiamo rivolgerci ai conservatori”. In un’altra occasione affermò: “La sinistra manca di visione globale e, se non bastasse, non ha uno straccio di programma alternativo alla spesa pubblica. E la tragedia è che l’unica opposizione all’ideologia liberaldemocratica è incarnata dai partiti populistici di una destra nazionalista

Di papa Bergoglio dice…

E dire che il pensiero di Zizek affonda le radici nell’economia politica di Marx, nella dialettica hegeliana, nelle categorie psicanalitiche di Lacan. Nell’intervista al quotidiano diretto da Mario Calabresi, ne ha per tutti, anche per papa Bergoglio. “Ovviamente ho accolto con favore la sua critica alla xenofobia. Ma il punto non è, come ha fatto Francesco, invocare diritti umani, democrazia e libertà, ma discutere dell’ordine economico globale che provoca queste migrazioni di massa”.

La formazione marxista porta naturalmente il filosofo sloveno a cercare innanzi tutto le cause economiche (“strutturali”, per dirla in termini marxiani) del disordine mondiale. “Ho letto Marx e so bene che il capitalismo è il sistema sociale di produzione più potente della storia”. Il problema per Zizek è però che i grandi partiti della sinistra (o quello che ne rimane) non offrono medicine, ma semplici lenitivi, conditi peraltro da insopportabili parole edificanti e buoniste. E poi – ma questo Zizek non lo dice – c’è anche il fatto che la sinistra non è stata mai tanto vicina, come oggi, ai centri del potere finanziario.

“Basta con il buonismo”

Il fatto è che il filosofo di Lubiana (classe 1949) è uno dei tanti orfani lasciati per il mondo dalla dissoluzione dell’ideologia della vecchia sinistra, il marxismo-leninismo.   Un orfano, però, tutt’altro che inconsolabile. E ciò a differenza dei tanti altri “ex” che hanno trovato riparo nella neo-ideologia del globalismo e del liberal-liberismo: gente, per intenderci, che non ha rinunciato né alla tracotanza intellettuale né alla pretesa di demonizzare chi non la pensa come loro. Gli ossessivi attacchi a Trump, come anche agli esponenti del “populismo” europeo, ne sono la dimostrazione. Il filosofo Zizek cerca la sua strada per definire un’alternativa al turbocapitalismo egemone, cercando anche una soluzione ai disastri che questo capitalismo produce oggi nel mondo. E insegue tali soluzioni senza timore di confrontarsi con un pensiero estraneo alla sua formazione. E senza timore, soprattutto, di sfidare l’odierna dittatura del linguaggio, con le dogmatiche parole che ne fanno da corollario. Una parola che il filosofo demolisce senza pietà è ad esempio quella di “integrazione” . “I terroristi di Bruxelles erano perfettamente integrati. Bisogna abbandonare questa retorica dell’integrazione”. E poi, a beneficio di chi non avesse capito l’antifona: “E’ inutile fare le anime belle”.

E sulla moglie di Trump…

Zizek è anche un tipo brillante e sanguigno. I suoi libri sono pieni di aneddotica e umorismo. Di Trump, dichiara di apprezzare anche la giovane consorte. “…E poi sua moglie è slovena: come faccio a spaventarmi, da connazionale, dell’ipotetica first lady?”. Difficilmente troveremo una recensione di un libro di questo filosofo “irregolare” sul New York Times. E, nell’ipotetico caso, ancora più difficilmente si tratterebbe di una recensione positiva.

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *