De Gregori, criticato dall’ex sindaco di destra, diserta il concerto a Verbania

9 Mag 2016 10:59 - di Redazione

Critiche al concerto di Francesco De Gregori previsto il 9 giugno a Verbania per inaugurare il nuovo teatro cittadino (Il centro eventi Il Maggiore) e il cantautore, turbato dalle polemiche, decide di rinunciare allo show. Alla base dei malumori di De Gregori ci sarebbe una dettagliata lettera dell’ex sindaco Marco Zacchera (ex parlamentare An) in cui si fanno le pulci alla determinazione dirigenziale con la quale era stato contrattato il concerto di De Gregori. Lo spettacolo sarebbe costato al Comune oltre 40mila euro. Cifra congrua per un artista del calibro di De Gregori ma sulla quale Zacchera eccepisce: perché non è stata contrattata direttamente con l’agenzia di De Gregori utilizzando invece un’altra agenzia, proposta direttamente dalla direttrice artistica Renata Rapetti? Ancora, perché è stato concordato uno spettacolo già portato dal cantautore in tournée nel 2014 mentre ai giornali era stato annunciato lo spettacolo “De Gregori canta Bob Dylan”, produzione 2016? Il classico repertorio di De Gregori rappresenterebbe, secondo Zacchera, uno spettacolo di “bassa e superata attesa artistica” mentre si era parlato di invitare a Verbania Ennio Morricone… Tanto è bastato, dunque, perché De Gregori decidesse di disertare il palcoscenico.

Gli impegni del resto per lui non mancano: ai concerti si aggiunge infatti la promozione del suo libro Passo d’uomo, dove tra l’altro De Gregori racconta il dramma dello zio Francesco, ucciso a Porzus dalle bande armate comuniste perché militava nelle formazioni partigiane di ispirazione liberal-cattolica. Ma al di là di questo tragico ricordo familiare da tempo De Gregori appare critico verso una sinistra in cui non si riconosce più e del quale mise a nudo i difetti e i tic in una celebre intervista di tre anni fa ad Aldo cazzullo sul Corriere: la sinistra, disse in quelloccasione, «è un arco cangiante che va dall’idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la modernità. Che agita in continuazione i feticci del “politicamente corretto”, una moda americana di trent’anni fa, e della “Costituzione più bella del mondo”. Che si commuove per lo slow food e poi magari, “en passant”, strizza l’occhio ai No Tav per provare a fare scouting con i grillini. Tutto questo non è facile da capire, almeno per me».

 

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