Condannato per pedofilia, il Tribunale di Milano gli “ordina” di curarsi

7 Mag 2016 10:37 - di Liliana Giobbi

Ancora un caso di pedofilia ma stavolta con una svolta. Il Tribunale di Milano con un provvedimento innovativo ha ordinato a un uomo, condannato a 4 anni e 4 mesi per violenza sessuale su minori e che sta finendo di scontare la pena, «di prendere immediato contatto con il Presidio criminologico territoriale» per «concordare un programma di osservazione e di trattamento» terapeutico. Ordine che va ad aggiungersi alla misura della sorveglianza speciale per un anno e ad altre prescrizioni più “classiche”, come quella di non aver contatti con minorenni se non alla presenza di terze persone.

Le decisioni sul caso di pedofilia

In particolare, il collegio (Roia-Tallarida-Pontani) della Sezione autonoma misure di prevenzione nel decreto, il primo di questo genere in Italia, sottolinea anche come l’uomo abbia dato il suo «consenso ad essere preso in carico da un nucleo di operatori specializzati nel trattamento degli autori di reati a sfondo sessuale». E ciò ha permesso agli stessi giudici di superare «l’eventuale problematica relativa alla applicabilità di ingiunzioni a sfondo terapeutico» che potrebbe contrastare con il principio costituzionale (articolo 32) secondo il quale «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario». La Procura aveva chiesto per l’uomo, 41 anni, l’applicazione della misura della sorveglianza speciale con l’obbligo di soggiorno o residenza nel Comune di dimora per due anni. I giudici, però, hanno bocciato la richiesta dell’obbligo di soggiorno, ritenendolo inutilmente restrittivo sul piano della libertà individuale, e hanno aggiunto alla sorveglianza speciale per un anno alcune prescrizioni: l’obbligo di indicare la propria dimora alle forze dell’ordine e di non allontanarsi senza preavviso, quello di cercare un lavoro, di non rincasare dopo certi orari, di non detenere armi, di non frequentare sale giochi o discoteche abitualmente e di non avere contatti con minorenni in assenza di terzi. Tutte prescrizioni “tradizionali” in questo genere di casi alle quali, però, il collegio ha aggiunto la “ingiunzione” specifica di curarsi.

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