Canone Rai, ecco come non pagare l’odiosa gabella, oggi ultimo giorno

16 Mag 2016 13:49 - di Paolo Lami

Una gabella odiosa e odiata dalla maggioranza degli italiani che non la capiscono e non la accettano. Quella del canone Rai – oggi è l’ultimo giorno utile per presentare l’autocertificazione per non pagare il balzello – è un’imposizione che molti mandano giù come il fiele. C’è chi non accetta l’idea di finanziare un’azienda che è spessissimo oggetto di contestazioni per i contenuti spesso unilaterali e ideologici e che è occupata militarmente dai partiti che la usano, altrettanto spesso, per fare assunzioni clientelari infilandoci dentro il portaborse del politico di turno o, direttamente, il politico trombato. Altri ancora non accettano che i propri soldi vadano a finanziare stipendi e carriere già favolose con emolumenti che oltrepassano il milione di euro, come ricordò Brunetta che rivelò a quanto ammontava l’argent de poche del fazioso Fazio, per esempio, che in due o tre anni si mette in tasca circa 6 milioni di euro pagati dagli italiani. O come Floris al quale la Rai riconobbe, nel 2007, come conduttore di Ballarò un contratto incredibile. Fu sempre Brunetta a svelarlo: da assunto a tempo indeterminato diventa libero professionista e riceve un compenso quattro volte superiore. E all’interno del contratto vi era anche una clausola che imponeva alla Rai, alla scadenza del contratto, la riassunzione: «un contratto di lavoro mai visto nel panorama giuslavorista», disse Brunetta. E che dire di Michele Santoro il quale, sempre “pizzicato” da Brunetta fu costretto a svelare in tv le cifre del suo Cud, 662mila euro.  Una cifra che fece imbestialire gli italiani. E’ con questo spirito, dunque, che oggi molti affrontano l’ultimo giorno utile per sfuggire all’odiosa tassa imposta da Matteo Renzi all’interno della bolletta elettrica.
Ecco, dunque, come fare per non pagare il canone Rai. Va premesso, però, cosa si rischia dichiarando il falso, cioè, ad esempio, di non possedere alcun televisore. La Legge di Stabilità richiama, infatti, un Decreto del presidente della Repubblica, il 445/2000, che, a sua volta, rinvia al Codice penale e, in particolare, all’articolo 482 Codice penale relativo alla “falsità materiale commessa dal privato”. Dunque chi attesta il falso, cioè di non possedere alcun televisore quando, invece, in casa ne ha uno, rischia una condanna al carcere, se scoperto, da 8 mesi a 4 anni. Resta da capire, tuttavia, come potrebbero introdursi nelle case degli italiani per accertare, o meno, la presenza del televisore. Cioè come verrebbero fatti i controlli.
Detto questo, vediamo come funziona l’autocertificazione da presentare.
Il modulo necessario si scarica da qui, dal sito dell’Agenzia delle Entrate.  Va compilato nelle sue parti, datato e firmato ricordandosi di fleggare anche i quadri che si sono compilati. Il quadro A è quello necessario per dichiarare, o meno, il possesso del televisore, il quadro B, viceversa, solo nel caso in cui il canone sia da addebitare all’utenza elettrica intesta ad un altro componente della stessa famiglia anagrafica, cioè coabitanti nello stesso Comune e legati da vincoli di parentela o “affettivi”.
La dichiarazione può essere presentata in quattro modi, a scelta del contribuente: per via telematica attraverso un intermediario abilitato, per esempio, un commercialista, oppure può essere inviata per raccomandata A. R. all’Agenzia delle Entrate, a questo indirizzo postale: Agenzia delle Entrate – Ufficio Torino 1 – Sportello abbonamenti Tv – Casella postale 22 – 10121 Torino. Inoltre da pochi giorni l’Agenzia delle Entrate ha chiarito, con un’apposita circolare, che l’autocertificazione può essere inviata anche via Pec, Posta Elettronica Abilitata, ma va assolutamente firmata digitalmente. Già non è semplice che un privato cittadino abbia una Pec, ancora più difficile che abbia la firma digitale. Comunque, per quanti hanno la Pec e anche la firma digitale, l’indirizzo Pec a cui inviare l’autocertificazione è: cp22.sat@postacertificata.rai.it. Infine, l’autocertificazione può essere inviata anche tramite questa piattaforma online dell’Agenzia delle Entrate ma prima è richiesta la registrazione ai servizi telematici dell’Agenzia, cioè a Fisconline riservato a tutti i contribuenti. Un percorso che consentirà di ricevere un Pin ma che si complica andando avanti poiché è richiesto di fornire i dati relativi alla dichiarazione dei redditi 2014 presentata nel 2015 inserendo il proprio codice fiscale e il propri reddito e indicando, inoltre, quale modello è stato presentato, se nessuno o Cud, 730 o Unico persone fisiche e attraverso quale intermediario. E, tanto per complicare ulteriormente la vita al cittadino, un minaccioso messaggio avverte: «Attenzione: se i dati non coincidono con quelli in possesso dell’Agenzia delle Entrate, la domanda di abilitazione non sarà accettata. In questo caso, è possibile ripetere l’operazione presentando una nuova domanda. Se dopo tre tentativi i dati indicati risultassero ancora non corretti, la domanda sarà respinta e occorrerà recarsi presso un ufficio territoriale dell’Agenzia per ottenere il codice Pin».

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