Referendum, nel Pd è già bagarre. Contro i renziani zelanti si scatena il putiferio

17 Apr 2016 22:44 - di Tito Flavi

Il referendum sulle trivelle acuisce, al di là del suo esito, le spaccature dentro il Pd. Matteo Renzi, nel day after, si ritroverà un partito ancora più spaccato di rispetto a  prima. Anche perché la percentuale dei votanti è comunque tale da non consentire al premier di fare troppo il gradasso. E anche perché numerosi esponenti della nomenklatura del Pd (ivi compresi diversi renziani) si sono recati alle urne del referendum.

A scatenare i veleni dentro i dem ha provveduto anche un tweet del renziano Ernesto Carbone che ha salutatoa con un “ciaone” tutti coloro che avevano confidato nel raggiungimento del quorum. S’è scatenata una pioggia di critiche, persino da parte di alcuni militanti dem che si erano astenuti dalle urne del referendum. Questi tweet, ha detto il bersaniano Miguel Gotor, “possono diventare un boomerang per il partito”. E tanto basta.

Al seggio sono andati anche diversi esponenti del Pd che nel partito sostengono Renzi, come il governatore delle Marche Luca Ceriscioli o quello della Calabria Mario Oliverio. Sui social media, poi, in diversi hanno postato foto del seggio in cui hanno votato. Hanno inoltre  votato i predecessori dii Renzi, Enrico Letta (“Ho esercitato il mio diritto-dovere”, ha twittato) e Romano Prodi

Michele Emiliano, uno dei principali sostenitori del referendum sulla trivelle, canta comunque vittoria. Definisce “un successo” il 23,48% di affluenza alle urne (dato delle 19). “Il governo – spiega  – dovrà inevitabilmente tenerne conto”. Del resto, che non fosse “più una questione di quorum” Emiliano l’aveva detto alla vigilia del voto. Il governatore pugliese spiega che “abbiamo già superato la soglia che consideravamo necessaria per poter parlare di un successo: quella dei dieci milioni di elettori che avevo indicato come linea minima del risultato”. Praticamente, sottolinea, sono “gli stessi voti che il Pd ha preso nel suo più grande risultato elettorale, che sono le europee di due anni fa”. Per questo “il governo dovrà inevitabilmente tenere conto che milioni di italiani hanno una idea delle politiche energetiche completamente diversa”. Per Renzi, comunque vada, non arriveranno giorni facili.

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