«Non ho ucciso io la piccola Fortuna». Il “mostro” di Caivano nega tutto

30 Apr 2016 14:31 - di Redazione

«Non ho ucciso Fortuna, non ero lì quando lei è caduta, né ho mai commesso abusi sessuali». Si è difeso così  nell’interrogatorio di garanzia a Poggioreale, Raimondo Caputo, 43 anni, il vicino di casa accusato di aver violentato e ucciso la piccola Fortuna Loffredo, la bimba di sei anni di 6 anni, abusata e scaraventata dall’ottavo piano nel Parco Verde di Caivano (Napoli) il 24 giugno 2014. L’interrogatorio è stato condotto dal gip Alessandro Buccino Grimaldi alla presenza del pm di Napoli Nord Claudia Maone.

Caputo si discolpa: non ho ucciso Fortuna

Dopo i primi cenni di cedimento alla notizia dell’arresto Caputo, pluripregiudicato, già in carcere per abusi sessuali ai danni di un’altra bimba di tre anni, figlia della sua compagna, ha ribadito la linea tenuta in questi due anni di indagini, ed è tornato a essere la persona che il gip descrive nell’ordinanza come «caparbio» nell’ostacolare l’attività investigativa. Nell’interrogatorio, che non si è protratto a lungo, Caputo ha respinto tutte le accuse e ha ribadito le posizioni tenute nel corso delle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Domenico Airoma. In particolare ha detto di non trovarsi nel luogo dove è morta Fortuna, di essere «un buon padre» e di «non aver commesso mai niente». A inchiodare il presunto orco e a condurre gli inquirenti sulla pista di Caputo sono state le a michette di Chicca, come veniva chiamata Fortuna, con le loro parole e i loro disegni. «Lui la violentava, lei dava calci. Ho sentito il suo urlo», ha riferito un’amichetta.

Due inquiline indagate

Due inquiline del “palazzo degli orrori” di Caivano (Napoli), dove viveva la piccola Fortuna, in queste ore  sono indagate dalla Procura di Napoli Nord per l’ipotesi di reato di false dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria. Fra le persone indagate – si apprende da fonti vicine all’inchiesta – vi è la donna che gli investigatori ritengono abbia raccolto la scarpa persa da Fortuna al momento della morte.

Taglialatela: il carcere non basta

«Il carcere non basta. Nei confronti del mostro che ha ucciso la piccola Fortuna di Caivano  non possono bastare le parole di condanna ed il disgusto verso chi non appartiene al genere umano. Le attuali leggi non bastano», ha detto Marcello Taglialatela di Fratelli d’Italia che si è unito al coro di sdegno per l’orrore, «occorre introdurre nuove norme che colpiscano i colpevoli e siano un monito nei confronti di tutti. Il Parlamento deve introdurre la pena della castrazione chimica contro chi compie violenza sessuale verso i bambini».

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