Navi e poltrone, la Marina militare alle prese con la sua “dannazione”

12 Apr 2016 11:35 - di Mario Aldo Stilton

Navi e poltrone. Oggi come ieri. Una dannazione. Con la Marina militare italiana al centro della storia. Anzi, dell’intrigo. Il racconto dello spionaggio e della collusione col nemico. La storia che si ripete. Magari non con la maiuscola, ma si ripete.  Perchè un tempo fu la penna di Antonio Trizzino. Penna puntuta e documentata che ci raccontò la sequela dei tradimenti, delle collusioni col nemico britannico durante la seconda guerra mondiale. E dei morti, dei tanti marinai italiani morti, finiti con le loro imbarcazioni in fondo al mare, colpevoli solo di combattere per la loro Patria. Vittime sacrificali immolate dall’ammiraglio Maugeri che firmò con tutto quel sangue innocente la collaborazione col nemico. Collaborazione che a fine conflitto a lui valse una medaglia americana sul petto e alla nostra Marina un lungo momento di disprezzo. Navi e poltrone non fu solo un libro. Fu un atto d’accusa terribile e documentato. Fece scandalo e fece epoca. Ne parlarono tutti. Tant’è che Trizzino fu incriminato, processato e infine assolto. Navi e poltrone, allora. Navi e poltrone, ora. Con la differenza che ieri era il racconto sul tradimento della Patria in armi che metteva in ambasce la Marina militare. Oggi, segno dei tempi e assai più modestamente, la nostra Marina torna a tremare per un dossier, seppur voluminoso, spedito in forma anonima, alle procure e alla magistratura militare. Tutto nero su bianco. Scritto anonimo, ma con tanto di nomi, cognomi e documenti di appalti. Utilizzo improprio di navi e strutture, festini con le immancabili bellezze, cene di lusso, personale favorito o penalizzato. E  commesse. Commesse autorizzate e anche promesse. Ieri e oggi. E quella che prende le forme di una dannazione. Dannazione che imbratta ancora una volta questo nostro fiore all’occhiello: la Marina che fu Regia ed è della Repubblica. Protettrice delle nostre acque e messaggera del tricolore nel mondo. Che sta nuovamente colando a picco non per l’intelligenza col nemico, ma per la presunzione di avere il potere amico.

 

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