Regeni, è tutta un’altra storia. Repressione o assassinio politico?

6 Apr 2016 14:00 - di Carlo Ciccioli

La vulgata ormai consolidata sui mezzi di informazione, soprattutto italiani ma un po’ di tutto il mondo è che il tirannico regime egiziano del presidente generale Al Sisi, attraverso le forze di polizia, ha assassinato un povero studente italiano, ricercatore  dell’Università di Cambridge, Giulio Regeni, torturandolo brutalmente e facendone ritrovare dopo qualche giorno il cadavere. Detta così la storia è tutta chiara, si tratta di un crimine atroce e ora occorre solo inchiodare i responsabili. Questo chiede nel dolore inconsolabile la famiglia, questo chiede a gran voce il premier Renzi e ribadisce con comunicati ufficiali il ministro degli Esteri, Gentiloni. Ma come sempre le cose sono molto meno trasparenti.

 Il caso Regeni e gli oppositori spariti in Egitto

È strano che in Egitto, dove ogni mese spariscono nel nulla decine di oppositori, di cui poi non si hanno più notizie, dove i servizi segreti agiscono per contenere l’organizzazione dei Fratelli Musulmani dichiarata fuorilegge con arresti e sentenze di morte, invece a distanza di giorni dall’omicidio, fanno ritrovare il corpo dilaniato, proprio vicino ad una stazione di polizia, soprattutto trattandosi di uno straniero e in particolare di un italiano, nazione con cui l’Egitto ha relazioni privilegiate. Sembra invece che questa storia cominci da distante, nell’agosto 2015 e da un fatto che con il povero Regeni non c’entra proprio nulla. Dopo anni di ricerche andate a vuoto (in precedenza compagnie petrolifere straniere avevano abbandonato le prospezioni) l’Eni scopre al largo di Alessandria d’Egitto, al confine delle acque territoriali di Israele, il più grande giacimento di metano del Mediterraneo e forse del mondo (850 miliardi di metri cubi) e insieme la presenza anche di  petrolio. Informazione data con grande risalto dalla stampa europea e italiana, insieme alla notizia che l’Egitto rilascerà al’Eni la concessione per lo sfruttamento per decenni. Tale fatto insieme alla grande soddisfazione italiana ha immediatamente determinato insofferenza nelle compagnie petrolifere straniere, in particolare quelle americane, inglesi e francesi. Anche Israele ha mostrato il rammarico di aver abbandonato in precedenza la ricerca nelle sue acque territoriali. A questo punto parte il tentativo di danneggiare i rapporti di grande amicizia tra l’Italia e l’Egitto. Regeni è un ricercatore italiano  di sinistra, collabora al giornale comunista il Manifesto e ottiene un incarico dall’Università inglese per studiare il ruolo dei sindacati in Egitto. Niente di particolarmente rivoluzionario, anche se sembra che sottobanco desse anche una mano all’opposizione al nuovo governo del Cairo. Nel suo passato una macchia che però potrebbe anche essere solo una esperienza di curriculum, la collaborazione con una agenzia di intelligence privata con sede a Londra, la “Oxford Analytica” in cui hanno avuto ruoli anche John Negroponte, ex direttore della Cia, e Sir Colin McColl, ex capo del servizio segreto inglese nonché molte spie dello scandalo Watergate.

 La versione ufficiale su Regeni

In realtà, nella versione ufficiale accreditata internazionalmente, Regeni sarebbe entrato nel mirino persecutorio dei Servizi segreti egiziani e quindi torturato per avere notizie e ucciso. La versione che gira però altrettanto consolidata negli ambienti dei contractors, i vigilanti delle attività industriali straniere in Egitto, e in particolare tra i responsabili della sicurezza nei pozzi di petrolio, è che Regeni sia stato scelto perché italiano e politicamente collocabile, che doveva essere massacrato e il corpo fatto ritrovare in bella vista per far precipitare i rapporti con l’Italia. Che sarebbe montato un caso tale da far riconsiderare le concessioni di gas metano all’Eni a causa del drastico peggioramento delle relazioni bilaterali tra l’Egitto e l’Italia. Non è un caso che la vicenda Regeni è l’unica al mondo di un singolo assassinato per cui Obama si sia scomodato con una dichiarazione ufficiale a sostegno dell’Italia, che a suo parere «deve ottenere soddisfazione dall’Egitto». Obama, che non si è mosso per migliaia di cristiani massacrati nel mondo islamico, che non ha certo fatto dichiarazioni violente per le uccisioni di stranieri in Cina, che non si occupa di diritti umani più di tanto in America Latina, però per il povero studente italiano assassinato  al Cairo si. In data 8 febbraio dichiara : «Troveremo la verità». Forse la verità è molto più vicina a lui di quanto possa apparire. Sempre tra le guardie private in servizio in Egitto gira la voce che l’operazione sarebbe stata portata a termine da Agenti locali in collaborazione con i servizi segreti americani. Complotti fantasiosi, verità manipolate? Certamente sarà difficile risalire alla verità anche se qualcuno, privatamente, sta indagando. Ricordiamo il caso di Enrico Mattei, il carismatico presidente dell’Eni che stava ormai surclassandio nei contratti petroliferi le lobby del petrolio anglo-americane? Ad un certo momento bisognava fare basta! Bomba sull’aereo e il povero Mattei e la sua brillantissima attività manageriale nell’allora  terzo mondo  fu compromessa per anni. L’Italia doveva stare a testa bassa. Adesso non siamo molto distanti.

Nota aggiuntiva:

A poche ore dal mio articolo sul “Secolo” di ieri,  il Ministro degli Esteri Gentiloni intervenendo in Parlamento per comunicazioni sul caso Regeni rivela tutta l’inadeguatezza del Governo Renzi e dei suoi ministri. Cade esattamente nella trappola dello scenario costruito apposta per l’Italia: “se non avremo risposte convincenti, compiremo i passi conseguenti, avverte il Ministro”. A stretto giro di posta il portavoce ufficiale del Ministero degli Esteri egiziano, Ahmed Abu Zeid dichiara: ” considerando le relazioni profonde tra l’Egitto e l’Italia e visto il coordinamento effettuato recentemente tra le parti sull’iniziativa degli investigatori e la visita del Procuratore Generale italiano in Egitto e la conferma dell’impegno da parte egiziana ad una piena cooperazione con la parte italiana, noi ci asteniamo di commentare queste dichiarazioni che complicano ancor di più la situazione”. Regeni sarebbe stato scelto (o venduto) da qualcuno per creare un problema grave nelle relazioni tra Italia ed Egitto. All’Egitto non interessano attivisti italiani di sinistra, là dove la  sinistra non rappresenta alcun  problema, lì il pericolo reale sono le organizzazioni fondamentaliste islamiche. Se ricordiamo cosa è successo in Libia, solo qualche anno fa, il problema è esattamente lo stesso. Sarkozy non bombardò la Libia e fece uccidere Gheddafi in accordo con gli Inglesi per liberare una Nazione e costruire la democrazia, ma su pressione delle compagnie petrolifere concorrenti all’Eni che aveva un contratto privilegiato con il Governo libico sulle concessioni dei pozzi petroliferi. Il Governo Berlusconi tentò di opporsi ma, obtorto collo, dovette sottostare alla volontà   degli “alleati” europei ed americani. Ma l’Eni fu più abile e riuscì a “convincere” i nuovi governi e le tribù locali a mantenere le concessioni e a proteggere con loro uomini armati i perimetri dei campi petroliferi. Tutta l’operazione di frantumazione del popolo libico per far fuori i contratti petroliferi italiani fallì. Oggi lo scenario è esattamente lo stesso. Gentiloni, Renzi  e compagnia parlano, giustamente di diritti umani, chiedono giustizia, ma altri usano questa situazione per far ritirare all’Italia le concessioni dell’Eni. L’Egitto è in imbarazzo perchè Al Sisi ha necessità, se non del sostegno, almeno della benevolenza degli americani e degli inglesi e non può scaricarli, nonchè ha il problema fondamentale dell’immagine dell’Egitto nel mondo. Tra l’altro sembrerebbe che l’operazione Regeni sia stata realizzata proprio in collaborazione con pezzi deviati del suo apparato di sicurezza su suggerimento di servizi occidentali. Un bel disastro in cui l’Italia ci cade dentro fino al collo. Viene da ridere quando i magistrati italiani indagano e arrestano dirigenti di grandi Aziende di Stato per la costituzione di fondi neri all’estero, che servono in realtà a tutelare le attività italiane da avvoltoi internazionali in terra straniera . Le rivelazioni di fonti interne ai servizi segreti egiziani che vengono inviati ai giornali occidentali (oggi Repubblica) sono pezzi della guerra interna ai servizi del Cairo,  tra l’ala filo-americana e quella fedele al Presidente Al Sisi.

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