Anniversari. A Katyn il regista Wajda perse il padre. La moglie lo attese per anni

13 Apr 2016 15:56 - di Antonio Pannullo

La scoperta del massacro di Katyn fu annunciata il 13 aprile 1943 da Radio Berlino, che ne attribuì la responsabilità ai sovietici. Ma fino al 1990 il comunismo internazionale ne dette la responsabilità ai tedeschi. Nel 1990 fu Gorbaciov e la sua glasnost che ammisero la verità: cioè che fu una strage comunista. Tuttavia la storia del massacro di Katyn, dove il 13 aprile 1940 Stalin ordinò l’esecuzione a freddo di 22mila polacchi, militari e civili, è istruttiva perché dimostra come la mistificazione storica possa avere le gambe lunghe e il respiro ampio. L’eccidio fu immediatamente attribuito da Mosca ai tedeschi, che per anni respinsero l’accusa. E per decenni fu silenzio su quel dramma, complice anche la pesante cortina del silenzio che si stese sull’Europa orientale fino alla fine degli anni Ottanta. L’eccidio di Katyn fu pianificato accuratamente secondo una logica ben precisa del Cremlino nella prospettiva di indebolire la Polonia. Nei piani di Stalin il massacro doveva servire ad eliminare una buona parte della classe dirigente nazionale polacca. Poiché il sistema di coscrizione polacco prevedeva che ogni laureato divenisse un ufficiale della riserva, le vittime furono scelte con questa logica. Così il 5 marzo del 1940 alcuni membri del Politburo, fra i quali Stalin e Lavrentij Beria, lo spietato capo della polizia segreta sovietica che aveva preparato personalmente l’informativa per Stalin, firmarono un ordine di esecuzione degli attivisti «nazionalisti e controrivoluzionari» detenuti nei campi e nelle prigioni delle parti occupate di Ucraina e Bielorussia. Fu il segnale che si poteva iniziare la mattanza pianificata a tavolino. Ventiduemila prigionieri di guerra polacchi furono sterminati, fucilandoli in circa un mese e mezzo, fra aprile e maggio del 1940. Solo nel ’43, tre anni esatti dopo, i militari tedeschi, su indicazione degli abitanti del luogo, scoprirono le prime di quelle terribili fosse comuni: all’interno c’erano dodici strati di cadaveri, l’uno sull’altro, uccisi tutti con colpo di pistola alla nuca. Quello che era accaduto era chiarissimo, le analisi accertarono che le vittime erano state uccise nel 1940 quando quel territorio era sotto l’occupazione sovietica. Stalin fece finta di indignarsi rifiutando le conclusioni. Il Partito Comunista italiano non fu da meno, conducendo una campagna denigratoria contro Vincenzo Mario Palmieri, ordinario di Medicina legale e delle Assicurazioni all’Università di Napoli, che era stato cooptato fra i dodici esperti di altrettanti Paesi, che fecero parte della Commissione internazionale indipendente sotto il patrocinio della Croce Rossa Internazionale chiamata a esaminare i cadaveri. Il verdetto della Commissione fu unamime: erano stati i sovietici. Anche al processo di Norimberga si tentò di occultare la verità e di accusare i soldati tedeschi del massacro. Il depistaggio proseguì per anni e anni. Fino a quando, nel 1989, 49 anni dopo il massacro, alcuni studiosi sovietici rivelarono al mondo la verità: era stato Stalin a pianificare il massacro. Nel 1990, poi, come accennato, Gorbaciov porse le scuse ufficiali del suo Paese alla Polonia, confermando che la Nkvd, il Commissariato del popolo per gli affari interni, aveva assassinato i prigionieri e rivelando l’esistenza di altri due luoghi di sepoltura simili a quello di Katyń: Mednoje e Pyatikhatki.

Il film di Wajda Katyn ostacolato dalla sinistra italiana

Se pochi in Europa ricordano il massacro comunista, ancora meno è ricordato il film che nel 2007 il maggior cineasta polacco, Andrzej Wajda, che a Katyn perse il padre Jakub, capitano del 72° reggimento di fanteria, decise di dedicare alla strage. In Italia, in particolare, dove non si voleva dare fastidio ai post comunisti, il film Katyn fu letteralmente censurato e boicottato dall’establishment radical-chic di sinistra: fu proiettato in 7 cinema su 4000. Eppure non era opera da poco: ha vinto il Golden Globe ed è stato candidato all’Oscar nel 2008 come miglior film straniero. Per rimanere in tema, il film ha avuto una diffusione da samiszdat. Proiezioni carbonare in cinema parrocchiali: solo ventimila persone in Italia sono riuscite a vederlo. Epprure i grandi critici dei grandi giornali lo incensavano: «Un film da vedere sull’attenti», e altre amenità del genere. Solo che quando lo si cercava, Katyn non era proiettato da nessuna parte. Era un crimine che non doveva essere raccontato. Il produttore Mazzarotto, della Movimento Film, che si era assicurato i diritti di distribuzione di Katyn, disse anche di aver scritto all’allora segretario del Pd Dario Franceschini per sapere come mai il film era osteggiato, ma non ricevette risposta. La storia di ripete: per mezzo secolo l’Unione sovietica ha addossato ai nazisti la responsabilità di Katyn. Oggi gli eredi dell’Urss non vogliono che sia detta la verità, e cioè che il massacro fu fatto dai comunisti. Ma, come disse Wajda, al dolore delle famiglie per la strage si aggiunse quello per la totale assenza di notizie da parte delle istituzioni: la madre di Wajda attese per anni che il marito tornasse a casa. Quando si dice lavarsene le mani. La Corte di Strasburgo ha scritto alcuni mesi fa la parola fine al ricorso portato dai familiari di 12 prigionieri polacchi uccisi assieme ad altri circa 22mila connazionali. La sentenza emessa toglie ogni speranza ai ricorrenti di vedersi riconoscere lo status di vittime dalle attuali autorità russe per le decisioni che presero nel 2004 di mettere fine all’inchiesta sul massacro di Katyn e di secretare tutti i documenti relativi a questa decisione. I giudici di Strasburgo, da un lato, hanno dichiarato di «non essere competenti» per giudicare sull’inchiesta condotta dalle autorità russe sul massacro, essendo questo avvenuto dieci anni prima che entrasse in vigore la Convenzione europea dei diritti umani. Dall’altro hanno stabilito che, essendoci la sicurezza della morte dei prigionieri, i loro familiari non possono essere considerati vittime di un trattamento inumano e degradante da parte delle autorità sovietiche, come lo sono coloro che nulla sanno di cosa è successo a un loro parente scomparso, e su cui possa esserci incertezza sulla sorte. L’unico punto su cui la Corte si è pronunciata criticando Mosca, è la mancanza di collaborazione di quest’ultima nel fornire tutta la documentazione richiesta. I giudici ritengono che nessuna delle spiegazioni date da Mosca per la mancata consegna alla Corte di Strasburgo dei documenti inerenti la decisione sulla chiusura dell’inchiesta sul massacro di Katyn sia valida. Neanche quella che questi documenti sono coperti dal segreto di Stato. Non si capisce per quale motivo Mosca avrebbe dovuto fornire documentazione intanto ad una corte “incompetente”, e poi su fatti che sono stati acclarati sin dal 1990. Oggi l’Europa decide di non accettare la storia, dichiarandosi non competente e preferendo scaricare le responsabilità su Mosca, che invece la vicenda del massacro comunista l’ha chiarita da tempo.

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