Russia, tata-killer alla sbarra: per gli investigatori è stata “istigata”

2 Mar 2016 15:49 - di Ginevra Sorrentino

Impossibile archiviare l’orrore di quelle immagini che, dai media al web, hanno fatto il giro del mondo, della tata-killer che sbuca da una fermata della metropolitana di Mosca brandendo in una mano la testa mozzata della picola che avrebbe dovuto accudire e proteggere. In queste ore poi, la mostruosità di quelle sequenze è tornata a rivivere nello sguardo inquietante della babysitter immortalata dai flash dietro le sbarre di un tibunale russo.

Russia, la tata-killer alla sbarra

Divisa blu, capelli neri sciolti sulle spalle, sguardo beffardo e animo impenetrabile, la tata-killer che lunedì ha decapitato la piccola di 4 anni affidata alle sue cure è comparsa in aula di tribunale per l’udienza di convalida dell’arresto confermando l’assoluta incongruenza delle sue dichiarazioni. Così, tra un sorriso a faviore di macchina e uno sguardo perso nel vuoto, la tata-killer è tornata a ribadire ai giornalisti, mentre veniva portata in aula, che sarebbe stato «Allah ad ordinarle di uccidere la bimba». Frasi sconnesse come «Allah sta mandando un secondo profeta per portarci notizie di pace», poi, da dietro dle sbarre della gabbia dove è stata rinchiusa, ha gridato: «Ho fame, morirò in una settimana… è la fine del mondo… mi è stato proibito di mangiare. Ciao a tutti».

Orrore e delirio in aula

La trentottenne, originaria dell’Uzbekistan e priva del permesso di soggiorno in Russia, ha continuato a inquetare gli animi dei presenti in aula mostrandosi sorridente e arrivando addirittura a salutare tutti con la mano. Poi, richiamata all’ordine, davanti alla corte si è dichiarata colpevole. Colpevole di aver ucciso la piccola Nastia che di lei si fidava ormai da un anno e mezzo. Colpevole di averla decapitata e di aver dato fuoco all’appartamento in cui la bambina viveva con la famiglia. Colpevole di uno dei crimini più efferati e senza un perché che la cronaca possa registrare. Colpevole, ma non solo lei però: gli investigatori al lavoro sul caso, infatti, ritengono che la donna non abbia agito da sola, ma spinta da non meglio precisati «istigatori», le cui ricerche sono ancora in corso. Nel frattempo, tra un delirio e un sorriso dell’imputata, la corte ha confermato l’arresto della donna e la custodia cautelare fino al 29 aprile, in attesa che vengano completate le indagini per l’efferato «omicidio di un bambino in tenera età».

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