Giachetti adesso ci prova: “Voglio anche i voti dei romani di destra…”

9 Mar 2016 8:20 - di Redazione

“Guardi, una cosa è sicura: se vai al ballottaggio per fare il sindaco e cerchi la purezza del voto di sinistra, l’esito è scontato”. E cioè? “Perdi”. E Roberto Giachetti, che pure è il candidato del Pd a sindaco di Roma, dunque il candidato della sinistra, si esprime con la spigliatezza che forse richiedono i tempi, quella disponibilità alla contaminazione, al pragmatismo de-ideologizzato – cinico? Chissà”, si legge su “Il Foglio”.

“Io farò di tutto perché mi votino anche gli elettori della destra”, ripete allora Giachetti.

“E questo, attenzione, non vuoi dire né che io sia di destra, nè tanto meno vuoi dire che io sia intenzionato a fare accordi con il ceto politico della destra”. Nemmeno con Alfìo Marchini, dopo le elezioni? Su, dica un’impossibile verità. “Marchini lo rispetto, ma per me rimane un avversario. Gli elettori, invece, sono un’altra cosa. L’aspetto ideologico, di schieramento, interessa solo il ceto politico. La mia campagna elettorale è, e sarà, concentrata sulla città, su Roma, sui problemi dei cittadini. Se sostengo che si debba costruire una linea di tram che va da Marconi a Ippolito Nievo, è di sinistra o è di destra?”.

E insomma: il tram è di sinistra o di destra?, si chiede Giachetti.

Sembra una canzone di Giorgio Gaber. “Perché questi problemi sono un po’ assurdi. Specialmente oggi”, dice. Eppure per qualche giorno, anzi per parecchi giorni, si è detto che alle primarie del Pd avrebbero votato i sostenitori di Denis Verdini. Giachetti è stato criticato, da sinistra: i voti di Verdini andavano a lei, Giachetti. “Mi viene un po’ da ridere”. E perché mai, scusi? “Primo: perché Verdini, con tutto il rispetto, non so quanti voti abbia. Secondo: perché non sarebbe nemmeno potuto venire lui a votarmi, e nemmeno un suo famigliare, mi pare siano residenti a Firenze e non a Roma. Terzo: a nessuno tra i cittadini gliene frega niente delle simpatie che manifesta Verdini, questa cosa interessa solo il Palazzo, le lotte interne, la nomenclatura stanca e un po’ capziosa”.

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