“Facciamoci esplodere a Termini”: un imam somalo lancia la Jihad a Roma

9 Mar 2016 14:13 - di Bianca Conte

Preparava un attentato a Roma, ma per fortuna – ancora una volta – un accurato lavorato di monitoraggio e prevenzione lo ha battuto sul tempo e arrestato: un imam somalo di 22 anni, richiedente asilo, è finito in manette, e appena in tempo perchè non arrivasse a compiere quanto da lui fin qui progettato. Per gli inquirenti, infatti, l’uomo sarebbe fuggito dalla struttura che lo accoglieva nei pressi di Campobasso, probabilmente per andare a Roma.

Arrestato giovane imam somalo: preparava un attentato a Roma

«Abbiamo un riscontro tecnico preciso circa la possibilità che stesse organizzando un attentato a Roma», ha dichiarato senza timore di essere smentito il Procuratore capo di Campobasso, Armando D’Alterio, spiegando alcuni dettagli dell’operazione della Digos di Campobasso che in queste ore ha fermato in un centro di accoglienza a Campomarino (Campobasso), il giovane Imam somalo. Per questo, quando qualche ora fa gli inquirenti hanno avuto conferma che in giornata il ragazzo sarebbe fuggito dalla struttura che lo accoglieva, probabilmente per andare a Roma, gli agenti della Digos hanno provveduto tempestivamente al fermo.

L’imam somalo: un lupo solitario o un kamikaze in attesa di ordini?

E ora, istigazione alla commissione di delitti con finalità di terrorismo, è l’accusa mossa nei confronti del cittadino somalo fermato dagli agenti della Digos di Campobasso e sospettato di essere sul punto di compoiere un attentato terroristico nella capitale. Dunque, un immigrato di fede islamica, come ce ne sono tanti. Un profugo richiedente asilo, come ce ne sono tanti, e che ora le indagini accerteranno se sia un cane sciolto pronto ad agire in solitaria, o un miliziano militante mimetizzatosi tra gli immigrati in una struttura d’accoglienza della provincia molisana, e in attesa di ordini da eseguire.

Imam somalo, le frasi: «Cominciamo dalla stazione di Roma»

«Cominciamo dalla stessa Italia, andiamo a Roma e cominciamo dalla stazione», è quanto avrebbe detto l’imam fermato. Una frase agggiacciante e drammaticamente inequivocabile che si legge in un documento illustrato in Questura, riconducibile ad alcune affermazioni pronunciate dal giovane. «La guerra ancora continua – ripete il sospettato – Charlie Ebdo era solo il precedente di quello che sta succedendo adesso». E poi, la conferma finale, affidata a un ultimo, inquietante virgolettato: «C’è una strada più semplice: quella di attrezzarsi e farsi saltare in aria»… Secondo l’accusa, il giovane imam somalo inneggiava all’Isis, ad Al Qaeda e ad Al Shabab, invitando gli altri ospiti del Centro di accoglienza ad azioni violente da realizzare nell’ambito della Jihad. Una azione «intensa e veemente di proselitismo», così l’ha definita il Procuratore capo di Campobasso, Armando D’Alterio, contro l’occidente. Tanto che alcuni si sono allontanati dalla preghiera allarmati dal suo comportamento.

Imam somalo, le indagini che hanno portato al fermo

Poco più di due mesi di indagini serrate, supportate anche da intercettazioni ambientali, hanno consentito agli agenti della Digos di Campobasso di capire la reale portata di quelle parole e delle sue intenzioni. Il giovane Imam fermato in Molise, esaltava anche gli attentati terroristici di Parigi e il martirio, invitando gli altri ospiti del centro di accoglienza ad unirsi alla Jihad e a seguirlo prima a Roma e poi in Siria. Nella sua stanza gli agenti hanno registrato con una telecamera nascosta l’uomo mentre visionava diversi video nei quali erano presentate immagini di attentati, sequestrando anche materiale ritenuto utile alle indagini. Non solo: è stata soprattutto una conversazione intercettata tra due soggetti residenti all’interno del Centro per rifugiati di Campomarino, in cui l’imam veniva definito un «esaltato» pronto a passare alla mobilitazione, a far scattare il fermo nei confronti del ventiduenne somalo. Secondo gli uomini dell’Antiterorrismo e della Digos della Polizia che hanno condotto le indagini, il somalo era un soggetto pericoloso, una figura che in poco tempo aveva avviato un’attività di proselitismo e si era imposta all’interno del centro che lo ospitava con posizioni dominanti e radicali. Agli altri ospiti della strutture l’uomo diceva di appartenere ad Al Shabaab, il movimento terrorista somalo. Nei suoi confronti, sottolineano fonti qualificate, c’erano elementi per ritenere che fosse nella fase della mobilitazione, ma alcun segnale che da qui potesse passare alla fase operativa. Il fermo, però, è scattato anche in considerazione di un altro elemento: al giovane somalo era stato negato lo status di rifugiato e, dunque, di qui a breve avrebbe lasciato la struttura di Campomarino. In considerazione della sua pericolosità, dunque, si è deciso di bloccarlo ed evitare che potesse far perdere le sue tracce. Per fortuna, allora, questa bomba è stata disinnescata prima ancora di essere sganciata.

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