Dal Family day al partito della famiglia: per Adinolfi una strada tutta in salita

14 Mar 2016 14:45 - di Mario Bozzi Sentieri

Con un appello pubblicato il 3 marzo sul quotidiano “La Croce”, il giornalista Mario Adinolfi e l’avvocato Gianfranco Amato hanno lanciato il movimento politico “Il popolo della Famiglia”, chiamando a raccolta il popolo del family day e sostenendo già dal titolo dell’appello che “L’Italia ha bisogno dei cattolici”.   “Il Popolo della Famiglia – scrivono Adinolfi e Amato – sceglie ancora una volta di manifestarsi e per farlo si incammina su una strada faticosa ma decisiva: la richiesta di consenso agli italiani. Da subito, da oggi stesso, lavoreremo alla costruzione di liste del Popolo della Famiglia in vista delle amministrative di primavera, presenteremo nostri candidati sindaci in centinaia di città e comuni, ci assumeremo la responsabilità di una rappresentanza politica diretta per quelle idee”.

Adinolfi e i cocci di un’identità politica perduta

Riusciranno i nostri eroi a rimettere insieme i cocci dell’identità politica dei cattolici ? L’impresa non è facile. Le esperienze recenti non aiutano. Giuliano Ferrara ci aveva provato con la lista monotematica “No aborto”. Magdi Allam fondando il partito “Protagonisti per l’Europa Cristiana”. Entrambi senza grandi risultati.

L’intento di Adinolfi e Amato è – sulla carta –  importante, visti i principi in ballo, ma tutt’altro che facile e scontato nelle sue finalità. Intanto perché, in partenza e proprio in ambito cattolico, bisogna registrare dinieghi e distinguo. Massimo Gandolfini, portavoce del Comitato “Difendiamo i nostri figli”, si è detto contrario all’iniziativa. Alleanza Cattolica, storica realtà dell’associazionismo tradizionale, contesta, per bocca del suo vice-responsabile nazionale,  Massimo Introvigne,  la bontà dell’operazione , sulla base di tre mancate precondizioni essenziali:  non essere un partito di scopo; non essere un partito confessionale, per potere contare su significative presenze anche di non cattolici e non credenti; avere come azionisti, non unici ma significativi, i grandi movimenti cattolici che si riconoscono nella dottrina sociale della Chiesa. Il popolo del family day si sfila.

Al di là delle piccole questioni di bottega e di gruppo, il tema non è di quelli che si risolvono con una battuta. Da quando la Democrazia Cristiana è scomparsa, travolta da Tangentopoli, il mondo cattolico è stato condannato alla  diaspora politica. D’altra parte la Chiesa non sembra avere fatto nulla per ricomporre politicamente tale divisione, costretta a registrare – come ha dichiarato l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, presidente dell’Osservatorio di Dottrina Sociale della Chiesa Cardinale Van Thuan,  in una significativa intervista, apparsa su  “il Timone” – la “confusione di pensiero”  , ad esempio sulla recente “legge Cirinnà”, di molti deputati a parole cattolici, ma incapaci  – secondo monsignor Crepaldi – di incarnare l’idea di una fede espressione di “una visione organica e coerente, una vera e propria cultura sociale e politica”.

D’altro canto la Chiesa Cattolica appare ben cauta nel benedire certe iniziative spiccatamente politiche. Ed anche questo è un palese elemento di contraddizione per qualsiasi progetto  che,  nascendo dalla volontà di rappresentare politicamente il mondo cattolico, sia privo del placet  (se non dell’impegno diretto) delle gerarchie ecclesiastiche.

C’ è poi una questione di fondo. Ai processi di scristianizzazione occorrerebbe opporre più che delle parole d’ordine degli esempi e degli atti concreti. A questo un “partito” può servire poco se non si riesce a favorire l’opera di ricostruzione culturale e spirituale della  società. Appare poi contraddittorio soffocare in un messaggio “di parte”, cioè di partito, quello che è il messaggio universale della Chiesa, costringendo delle battaglie “di principio” , pensiamo a quella sulla famiglia, al vaglio del voto democratico, alla conta, al piccolo mercanteggiamento elettoralistico.

Le verità della  Chiesa messe a votazione sono un non-senso. Ancor peggio se fatte precipitare dall’empireo della dottrina al chiacchiericcio di un qualsiasi consiglio comunale, tra buche da tappare, territori a rischio frane, trasporti colabrodo, servizi fatiscenti. Meglio una battaglia “di opinione” seria e rigorosa. Una certa Democrazia … Cristiana l’abbiamo già vista all’opera. Ci basta ed avanza.

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