Unioni civili, maratona al Senato. E spunta la “pentita” dell’utero in affitto

2 Feb 2016 19:39 - di Monica Pucci

È pentita di aver percorso la strada dell’utero in affitto, una decisione “presa per disperazione” che, secondo quanto sostiene, la perseguita da molti anni. Questa la storia di Elisa Anna Gomez, 46 anni, americana, raccontata oggi in Senato, dove con il voto sulle pregiudiziali è iniziato il dibattito sul ddl Cirinnà, destinato a occupare almeno 21 ore con centinaia di interventi in cantiere. La vicenda di Elisa Anna Gomez è approdata in aula grazie all’associazione Pro vita, che insieme al senatore di Forza Italia Lucio Malan prova a ribadire il proprio no, in particolare verso la stepchild adoption, cioè la procedura che permette in una coppia omosessuale di poter adottare il figlio del partner. Secondo Pro Vita potrebbe portare “nuova linfa al mercato di donne e bambini rappresentato dalla maternità surrogata”.

Le unioni civili e l’utero in affitto

Nel 2006 la Gomez, residente nel Minnesota, Stato Usa in cui non vi è una rigida regolamentazione della maternità surrogata, in una situazione difficile, accetta di diventare madre surrogata, per 8.000 dollari, per un coppia gay desiderosa di avere un bambino. «La disperazione mi ha fatto prendere una decisione che mi avrebbe perseguitato per i successivi nove anni – spiega -. Ho preso la decisione di diventare madre surrogata tramite un forum online, senza consulenza, nessun avvocato», aggiunge, sostenendo anche di aver fatto un’inseminazione in casa e non aver ricevuto supporto psicologico non essendosi rivolta ad agenzie che regolamentano i rapporti tra madri surrogate e futuri genitori. «Ho incontrato diverse coppie tra le quali una coppia gay: gli credevo quando dicevano che sarei stata sempre la mamma della bimba, ma improvvisamente hanno tagliato le comunicazioni, lasciando lo Stato con la bambina in quello che legalmente poteva essere considerato un rapimento. Ma le istituzioni non mi hanno ascoltato». «È iniziata una battaglia legale – aggiunge -, il primo giudice mi voleva punire, mi ha dato quattro ore di visita al mese e le spese di mantenimento della bambina».

Una bimba affidata a due ubriaconi?

La Gomez sostiene anche di aver denunciato che esistono rapporti della polizia secondo cui i due erano troppo ubriachi per prendersi cura della bambina. Nel 2014, poi, il giudice l’ha condannata a pagare un mantenimento ancora più alto. Attualmente non vede la piccola da sei anni e mezzo.

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