«Vogliamo i matrimoni»: ora il “partito dei gay” minaccia di non pagare più la tasse

19 Feb 2016 14:30 - di Giulia Melodia

Dall’Aula alla radio, passando per i social: la polemica sul ddl Cirinnà – e le accese rivendicazioni del partito dei gay che ha rinvigorito – non accenna a placare gli animi infuocati dei suoi sostenitori. Tra i tanti ha suscitato non poche perplessità l’intervento a gamba tesa del direttore del Messaggero Veneto, giornalista, scrittore e conduttore tv in prima linea in nome dei diritti degli omosessuali, Tommaso Cerno.

Lo sciopero fiscale del partito dei gay

Cerno, non nuovo alla provocazione politica e intellettuale – almeno quanto avvezzo alle invettive che genera in risposta e che il web notoriamente alimenta – in un post online su Twitter, ha rilanciato e ribadito la legittimità sociale e la valenza simbolica di un provvidenziale “sciopero fiscale”. Da declinare, ovviamente, come sottolineato nella più che “frizzante” conversazione on air a La Zanzara – il talk show di radio 24 condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo – alla rivendicazione potente dei soliti diritti gay vilipesi e osteggiati. Una forma di protesta passiva – modello monaco tibetano – invocata e annunciata in nome di una «democrazia resistente»… «Da oggi non pago più le tasse e invito i froci come me a non pagarle» ha inneggiato sul web col furore del “capopopolo” pronto – e non solo in nome del proprio orientamento sessuale dichiarato e ribadito a più riprese – a sventolare la bandiera dei diritti gay. Un danno economico peraltro, quello eventualmente prodotto dall’astensionismo fiscale, a detta del suo promotore ovviabile facilmente: semplicemente imponendo «una tassa sugli errori di grammatica del Senato», ha cinguettato Cerno online.

La polemica infuria sul web

Indomito quanto deluso dal fatto che il ddl Cirinnà abbia cavalcato un canguro zoppo finito nel mirino dell’ostruzionismo parlamentare d’opposizione e del fuoco amico del Pd dissidente, Cerno insomma, a nome dell’intera lobby gay, ha cercato di far passare un principio a dir poco discutibile: o il governo approva le leggi di mio gradimento, o si è immediatamente pronti a scatenare la rivolta fiscale dei proseliti di turno, chiamati in causa di volta in volta a seconda del diritto da rivendicare. Il tutto, ovviamente, condito di vittimismo sociale e gusto per il paradossale, sapientemente mimetizzati tra le righe del tweet e nei passaggi della conversazione radiofonica. «Se la Costituzione dice che i cittadini sono uguali e questo non succede – ha denunciato Cerno dai microfoni de La Zanzara – allora vuol dire che non sei cittadino, e se non è così le tasse le paghino gli etero»… Inutile dire che la replica del web è stata più “accesa” della proposta…

 

 

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