L’attentatore di Parigi veniva da un campo per “rifugiati” della Germania

10 Gen 2016 20:42 - di Redazione

Era arrivato in un alloggio per profughi ad agosto e qui, nella camera numero 9 a Recklinghausen, in Germania, aveva disegnato alla parete una bandiera nera: quella dell’ Isis. Le indagini sull‘attentatore che giovedì scorso è stato ucciso a Parigi dalla polizia, mentre era in procinto di commettere un attentato, portano in Westfalia, in uno dei tanti centri di accoglienza per richiedenti asilo. Da qui era sparito da dicembre. Ma gli inquirenti tedeschi chiariscono che l’attentatore  neutralizzato nella capitale francese fosse a loro noto da tempo, con identità diverse. Almeno sette: si era presentato una volta come siriano, una volta come georgiano, ma anche come marocchino e tunisino. Del resto anche a Parigi l’uomo, che si era presentato al commissariato di Montmartre con un coltello da macellaio, era stato inizialmente identificato come marocchino, e solo in seguito come tunisino, col nome di Tarek Belgacem. In Germania era stato anche in cella. Aveva precedenti per lesioni, narcotraffico, porto abusivo d’armi.

Le perquisizioni nel centro di Recklinghausen non hanno però portato per ora indizi sulle intenzioni di commettere un attentato. Nessun materiale esplosivo, ha detto la polizia. Nello sconcerto della città, e dei gestori del centro per rifugiati, gli agenti hanno portato via delle sim card, due coltelli da cucina, degli appunti in arabo. Secondo le prime ricostruzioni fatte in Francia, dovrebbe però essersi trattato di un cane sciolto: un fanatico, seguace di Isis, che avrebbe agito senza alcuna rete. “Tutto questo ci ha colti assolutamente di sorpresa. I nostri alloggi non sono luoghi per la criminalità o il terrorismo: indizi di questo tipo non ne avevamo mai avuti “, ha detto la portavoce della città Corinna Weiss. E già, dicono tuti così. Ci saremmo stupitio del contrario….

Il primo cittadino, Christoph Tesche, ha garantito “piena collaborazione con gli inquirenti e gli addetti alla sicurezza, per fare in modo che nei nostri centri non si possano più nascondere persone che hanno intenzioni violente”. La circostanza che questo ennesimo attentatore vivesse in Germania, e avesse trovato alloggio proprio in un centro rifugiati, non aiuterà certo Angela Merkel, alle prese da mesi con l’emergenza migranti – oltre un milione i richiedenti asilo arrivati nel 2015 – e l’allarme scatenato a Capodanno dalle aggressioni a centinaia di donne a Colonia, e in diverse altre città tedesche.

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