Crollo al Flaminio: la burocrazia frena i lavori, pericolo di nuovi crolli

24 Gen 2016 17:40 - di Carlo Marini

«Lo stabile è sotto sequestro. Da adesso la responsabilità non è più mia. Siamo fermi. Ora fin quando non ci sarà il dissequestro non si potrà procedere con la messa in sicurezza e la rimozione dei detriti». Così Vincenzo Marcialis, amministratore del condominio dell’edificio al Flaminio, a Roma, coinvolto da un crollo. L’amministratore già nel giorno dell’incidente aveva sottolineato che se non si fosse intervenuto in tempo per rimuovere detriti e macerie si sarebbe potuto avere un ulteriore crollo, in particolare in caso di pioggia che avrebbe fatto aumentare il peso dei detriti. Bisognerà quindi attendere il sopralluogo dei periti del tribunale e il successivo dissequestro per procedere alla messa in sicurezza, a carico del condominio.

Un residente del palazzo al Flaminio: “Il danno può aggravarsi”

«Ulteriori crolli? Un crollo per sua natura non è controllabile. Attualmente c’è un equilibrio instabile, se ci sono piccole variazioni che vanno a innescare nuove criticità, come pioggia, neve, una piccola scossa di terremoto… il rischio esiste. Esisterà sempre finché non si farà un ulteriore passaggio» verso la messa in sicurezza. A parlare è l’ingegnere Andrea Ciacchella, residente del palazzo di lungotevere Flaminio 70 parzialmente crollato qualche notte fa. Ciacchella abita al II piano dello stabile, ma attualmente è in hotel. «Ci hanno dato – racconta – due opportunità di portare via le cose. Io sono entrato in casa mia, è “perfetta'”. Ma al momento non si può viverci dentro: «Il palazzo è sotto sequestro della magistratura, che provvederà alle verifiche e dunque al dissequestro». La messa in sicurezza va fatta in tempi stretti, spiega il professionista, perché «essa limita la possibilità che il danno si aggravi. Deve essere messo in sicurezza il IV piano». Ma al momento il quadro è «incalcolabile, imprevedibile: c’è un teatro, dei vuoti, dei garage. Spero – conclude – che l’inerzia non vada a trasformare una ordinaria attività di cantiere, una situazione tecnicamente gestibile, in un problema peggiore».

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