Crisi della borsa del 20 gennaio 2016: è stato “panic selling” ?

23 Gen 2016 20:23 - di Enea Franza

Piazza affari alla fine della giornata cede il 4,8% e scende sotto quota 18.000 sui minimi dal dicembre 2013. La crisi è, tuttavia, più generale e supera le Alpi. Le vendite affossano, infatti, le borse di Parigi Francoforte Londra ed il mercato americano.

A spiegare l’attuale crollo c’è certamente il tracollo dei prezzi del petrolio e la crisi del mercato finanziario cinese. In realtà, sul punto, a ben  vedere, i due fenomeni sono intimamente legati: il petrolio va giù perché crolla la produzione cinese e sulla veridicità dei dati forniti dalle autorità di quel paese sugli andamenti futuri dell’economia (+6% per il 2016) gli operatori internazionali non credono.

Ai citati fattori negativi, si aggiunge la questione russa e la pesante svalutazione del rublo degli ultimi mesi.

Tuttavia, il mercato borsa italiano sembra soffrire di un ulteriore malattia che investe, in particolare, il settore bancario.

Di certo, però, non sono le sofferenze dei bilanci delle banche italiane, pari ad oltre 200 miliardi di euro, ma interamente coperte da accantonamenti per oltre 110 miliardi e dai valori a garanzia delle sofferenze, che possono spiegare la caduta delle quotazioni dei titoli bancari sul mercato di Milano; neanche la crisi dell’immobiliare, con una svalutazione intorno al 7%, non giustifica quello che sta accadendo.

Infatti, l’enorme ammontare  delle sofferenze bancarie e la caduta dell’immobiliare sono certamente la conseguenza della crisi economica che dal 2008 ha investito anche il nostro paese e del fallimento di molte realtà imprenditoriali, ma tali fatti sono ben conosciuti dal mercato da tempo.

Tra gli elementi  di novità, invece, oltre al citato mutato quadro economico internazionale, possono segnalarsi, le recenti tensioni tra il governo di Roma e la Commissione europea, con riferimento sia alla flessibilità di bilancio chiesta dall’Italia che alla questione della band bank, argomento quest’ultimo che è sul tavolo della di discussione da circa un anno, senza però trovare una soluzione positiva.

In particolare sul punto, come noto,  Bruxelles sembra non fidarsi dell’Italia, e chiede sempre maggiori garanzie al fine di evitare che, nell’ipotesi che se non si riuscisse nella vendita di titoli spazzatura, questi finiscano per essere acquistati dallo Stato italiano stesso.

Peraltro, secondo alcuni osservatori di questioni economiche, è  in atto un attacco speculativo da parte di fondi esteri interessati ad acquistare ad un prezzo di stralcio le sofferenze delle banche italiane. L’attacco speculativo, secondo costoro,  avrebbe il senso di costringere le Banche a cedere i loro crediti in sofferenza a prezzi molto inferiori rispetto a quello effettivo. Gli acquirenti, in tal caso soprattutto fondi esteri, potrebbero realizzare bei profitti con molta calma, attendendo la scadenza naturale dei crediti incagliati.

Detta ipotesi, tuttavia, è contestata dai più che, partendo dalla considerazione che la quota di titoli delle banche sotto stress, presente sul mercato è irrilevante, ritengono che le vendite vengano, invece, dal retail che, spaventato da una campagna comunicativa innescata dal fallimento della Banca Etruria, della banca delle Marche, della Banca di Ferrara e di della Banca di Chieti, e dagli effetti del bail in esame, sta  alleggerendo le proprie posizioni negli istituti bancari. Insomma, alla base della crisi attuale ci sarebbe nei fatti, un errore di azione delle autorità preposte alla tutela del mercato finanziario che, non sono state capaci, dal fallimento degli stress test ( del 2014 ) di adottare una politica efficace sul mercato bancario. Nella sostanza, in luogo degli aumenti di capitale effettuati (e bruciati dal mercato) una politica contenimento mirata al contenimento dei costi del sistema finanziario (accorpamento delle banche, riduzione del personale  e degli sportelli, ecc. ).

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