Alfano: “meglio un’espulsione un po’ rude che un estremista in città”

3 Gen 2016 8:50 - di Redazione

«Abbiamo acceso i riflettori sulla rotta balcanica da tempo. E il mese scorso abbiamo organizzato a Roma un incontro con i vertici della polizia di quei Paesi. Stiamo parlando di una rotta di straordinaria pericolosità da sempre. Era infatti la vecchia strada dei contrabbandieri. E adesso non ci sono solo i foreign fighters, ma anche i trafficanti di uomini e i trafficanti d’armi. La comunità internazionale, e l’Europa nello specifico, deve tenere gli occhi ben aperti. Noi lo stiamo facendo», spiega il ministro Angelino Alfano a “Il Secolo XIX”.

Alfano: “Non ci sono solo i foreign fighters, ma anche i trafficanti di uomini e i trafficanti d’armi”

«Sulla nostra attività di espulsione ho visto grande confusione. Forse non è chiaro a tutti quello che stiamo facendo. O forse qualcuno è in malafede». Chi? «Ad esempio quelli che mettono nello stesso calderone le migliaia di immigrati, anche irregolari, ma che scappano dal loro Paese per fame, e i possibili terroristi». Stiamo sui terroristi: 65 espulsioni sono molte o poche? «Sono il necessario. E soprattutto sono il frutto di un lavo ro straordinario, fatto in collaborazione con l’intelligence e con il comitato di analisi strategica antiterrorismo, al termine del quale c’è una assunzione di responsabilità molto precisa da parte del ministro». Sulle espulsioni la sua discrezionalità è forte? «Certamente la firma, alla fine, devo metterla io». Come si muove? «Adotto la stessa strategia da dodici mesi, già prima di Charlie Hebdo. Io e il mio staff abbiamo una sorta di giurisprudenza interna molto severa. Preferiamo correre il rischio di un’espulsione un po’ rude piuttosto che trovarci in Italia un fanatico che aspira alla violenza ma che fino a quel momento non l’ha esercitata o non ha organizzato un piano terroristico».

Alfano sui “sospetti: «Il criterio è quello della sicurezza nazionale».

Quanto lavorate su un sospettato? «Dipende dall’intensità degli indizi. Le nostre valutazioni derivano dalle intercettazioni, dall’incrocio dei dati e dal lavoro sul territorio». Poi che cosa succede a chi viene espulso? «Che viene preso físicamente dalle nostre forze dell’ordine e riportato nel paese d’origine. Dove si spiega alle autorità del luogo quali sono le caratteristiche della persona che si trovano davanti». Tornando al Kosovo e all’Albania, quanto è forte il pericolo? «Noi sappiamo che siamo di fronte a un rischio che può crescere e sul quale non è ammessa nessuna distrazione e tantomeno nessuna sottovalutazione. Fino ad oggi abbiamo lavorato bene. Di sicuro non ci fermiamo. Anche se è ovvio che il rischio zero non esiste». Peggio la Libia o i Balcani? «La Libia è un vulcano acceso proprio davanti a noi. Spero che vada a stabilizzarsi presto. Nei Balcani invece è possibile confrontarsi con governi legittimi e stabili».

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